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Dave Muldoon
Smoke Steel and Hope
2018
Prismopaco
di
Angelo Bianco
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A distanza di quasi dieci anni dall’esordio con Little Boy Blue, Dave Muldoon ci riprova con il nuovo album Smoke Steel and Hope (per l’etichetta Prismopaco) in uscita il 6 luglio. Il cantautore di origini irlandesi e nato a New York, ma dal 2000 residente nel nostro paese, conferma il suo forte legame con l’Italia raccontando questa volta anche esperienze ed emozioni vissute nel capoluogo lombardo.
Il primo brano, Die for You, si presenta come una vera e propria dichiarazione d’amore di Dave nei confronti di sua moglie e lo fa alla sua maniera, con un piglio stilistico che oscilla tra folk e blues riproposto per gran parte dell’album. A seguire il singolo New York City Life dove l’autore canta della sua importante esperienza vissuta nella Grande Mela nel tentativo di trovare il successo come musicista prima di mollare tutto per trasferirsi in Italia, con una New York che cambia sotto i suoi stessi occhi.
Si, perché in Smoke Steel and Hope c’è tutto Muldoon e lo si intuisce a dai testi in gran parte autobiografici e frutto delle esperienze vissute, nel bene o nel male; un cantautorato ispirato direttamente alla figura leggendaria dell’immenso Bob Dylan, con sprazzi di Springsteen e Waits, pur mantenendo uno stile ben tangibile per tutto l’album. Non mancano i momenti per profonde riflessioni e critiche sociali, che lasciano quasi sempre il posto alla speranza così come suggerito nel titolo dell’album. A sorprendere non è solo la voce fumosa ma accogliente, quasi da navigato cantastorie, dell’artista newyorchese ma anche la sua ricerca della semplicità nelle tante piccole cose che diamo per scontato come Nothing at All e nel trarre ispirazione da eventi vissuti sulla propria pelle come in Horizon.
A rendere maggiormente variegato l’album vi è la scelta di avvalersi della collaborazione di nomi importanti del panorama musicale italiano come Roberto Dellera (bassista degli Afterhours e componente dei The Winstons insieme al batterista Lino Gitto, anche lui presente nel disco) e artisti vari tra cui Chiara Castello (I'm not a Blonde), Micol Martinez ai cori e Milo Scaglioni al basso. Il cantautore newyorchese non si è però limitato al classico songrwriting tipicamente americano e, spinto dalla presenza di altri musicisti, si è lasciato andare anche a suoni più selvaggi e ritmati: è il caso di Dancing in cui viene fuori l’anima latina del disco mentre in Long Time viene messo in risalto il trio di bassi che accompagnano l’avvolgente voce di Mulldon. Proprio questi due brani sono la parte meno riuscita della raccolta dal momento che mal si adattano al suo timbro di voce. Ed è il ritornello di What You Need a chiudere il sipario sul secondo album del cantautore americano, un brano tanto semplice quanto piacevole da ascoltare.
Un deciso passo in avanti quello compiuto da Dave Muldoon, questa volta impreziosito dalle tante collaborazioni che accompagnano il cantautore newyorchese nelle dieci tracce che compongono l’album. Smoke Steel and Hope è un lavoro che non tradisce le attese e migliora quanto fatto dallo stesso Muldoon con Little Boy Blue, segno di una maturità artistica fortemente voluta dal cantautore americano
Articolo del
12/07/2018 -
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