Sono diversi gli artisti del panorama musicale talmente affascinati dal Belpaese da farne un posto dove vivere; proprio qualche mese fa ci eravamo occupati dell'album Smoke Steel and Hope di Dave Muldoon, newyorchese di nascita ma milanese di adozione. Questa volta è il turno di Ben Slavin, cantautore nato nel New Jersey ma trasferitosi in pianta stabile in Italia da quasi vent'anni, dapprima nel capoluogo lombardo per poi spostarsi più a sud, facendo la spola tra Napoli e l'Umbria. The Pines è il suo nuovo disco disponibile dal 30 novembre per l’etichetta Apogeo Records, che può fregiarsi della direzione artistica e degli arrangiamenti curati da Andrea Faccioli (alias Cabeki), apprezzato musicista di gruppi quali Baustelle, Luci della Centrale Elettrica e Cisco.
Oggetto delle attenzioni di Slavin è la sua infanzia vissuta nel Jersey meridionale a Pine Barrens, che l'introverso cantautore americano rivisita musicalmente in un viaggio a tratti folkloristico, che si apre con “To Wait, My Love”, in cui i riflettori vengono puntati sul giovane Ben immerso nella natura selvaggia del Pinelands. Il duopolio emotivo del folksinger americano si riflette non solo nei testi ma anche nelle tonalità: alla classica andatura tipicamente folk si aggiunge un retrogusto sonoro vagamente italico, mediteranno, merito del tocco di Faccioli, che conferma le sue eccellenti dote da polistrumentista affermato, lo stesso motivo che ha spinto il cantautore americano ad affidargli la regia musicale di The Pines.
La chitarra di Slavin ricopre ovviamente un ruolo di primo piano nelle dodici composizioni, queste sono spesso accompagnate dagli arrangiamenti di Faccioli, qui alle prese con strumenti come il banjo e l'ukulele, suonati magistralmente tra l'altro in alcuni brani come “Ode To Clitumnus”. Altrettanto importante è la località di Pine Barrens, tanto da essere il concept del disco, che in una certa maniera lo dividono in tre momenti diversi: “The Pines 1: Barnegat”, “The Pines 2: Mausoleum e “The Pines 3: A Forgotten Prince”, che offrono poi una panoramica completa di tutto il buono che è possibile scorgere in questo secondo album dell'artista americano. Forte è comunque il legame con la sua seconda casa, l'Italia, e "Cetara" è uno splendido omaggio in cui Slavin si diletta nella nostra lingua, con poche ma efficaci parole.
Buona la prima dunque per l'atipica coppia Slavin-Faccioli che confeziona un disco intrigante, concreto ed estremamente piacevole da ascoltare. Interessante poi è la ricerca delle proprie radici affettive, musicali e culturali attraverso l'uso della strumentazione tipica della sua terra natia, a cura di Cabeki, promosso anche nella veste di produttore. Non sappiamo se alla fine del viaggio Ben abbia realmente trovato le risposte che cercava ma sicuramente The Pines rispecchia in pieno l'essenza del cantautorato folk, magico nel suo essere semplice, ma per questo mai banale
Articolo del
07/01/2019 -
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