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I Hate My Village
I Hate My Village
2019
La Tempesta
di
Angelo Bianco
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I Hate My Village è uno di quei progetti che non si vedono spesso in Italia, rappresentando per certi versi un qualcosa di inedito, ma anche necessario. Accomunati dalla passione per la musica africana, la formazione formata da Fabio Rondanini (Afterhours, Calibro 35) e Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion), vede anche la partecipazione di Alberto Ferrari (Verdena), per un mix di musicisti di prim’ ordine.
Alla base del progetto troviamo la voglia della band di coniugare le sonorità occidentali con l’African sound, riscoperto con particolare attenzione da Viterbini e Rondanini dopo le esperienze maturate sul palco insieme a musicisti africani del calibro di Bombino e Rokia Traoré. Da qui la nascita degli I Hate My Village e la pubblicazione dell’omonimo album avvenuta il 18 gennaio sotto l’etichetta La Tempesta International.
Il dove vogliano andare a parare gli IHMV diventa apertamente palese ascoltando la traccia numero uno, nonché il primo singolo estratto dall’album, “Tony Hawk of Ghana”, dove i ritmi tribali africani si fondono a quelli rockettari occidentali. Nel calderone trovano spazio una variegata quantità di generi, dove groove, psichedelia e rock si si fondono in un ritmico rito voodoo.
Ma non lasciatevi ingannare dalla tracklist che ospita al suo interno alcune tracce rinominate in italiano, perché i brani in cui presenzia la voce del Ferrari nazionale sono interamente in inglese; l'inconfondibile stile del frontman dei Verdena è ben contestualizzata all’interno un disco che sa anche essere decisamente instrumental quando la riproduzione si sposta su tracce come “Presentiment” o “Tramp”.
Quelli che ascolterete sono assimilabili a degli esercizi di stile orchestrati da Viterbini e Rondanini, forti di un background importante alle loro spalle. A variare però è spesso il mood, che non sembra sottostare a precisi vincoli ma è libero di propagarsi nelle distese melodiche: un chiaro esempio è “Fame” (da non intendere nell’accezione anglosassone del termine), seguita a ruota da “Bahum”, veri e propri barlumi di speranza in chiave acustica. Gli I Hate My Village passano da odiare il proprio villaggio a mangiarlo, lanciandosi in un simpatico gioco di parole, con l’altamente ballabile “I Ate My Village”, il punto esclamativo su cui si arresta l’album.
Pur con i crismi del progetto parallelo altamente sperimentale, è lampante la voglia del gruppo di non fermarsi alle nove tracce ma gettare delle solide basi per il futuro. Il trio formatosi dunque funziona, e la comunione di intenti musicali ha dato alla luce un album di buona fattura, pensato per poter essere fruito anche oltre confine. E in un periodo storico dove erigere muri e barriere è diventata prassi comune, l’album I Hate My Village si prodiga invece nell’essere un ponte tra due culture agli antipodi, con gli IHMV a rappresentare l’anello di congiunzione musicale tra Africa e Occidente
Articolo del
11/02/2019 -
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