Anni fa su questo sito recensimmo con entusiasmo la riproposizione in doppio CD del primo titolo citato, notevolmente arricchita da demo, registrazioni radiofoniche (session trasmesse dal compianto John Peel) e dal vivo (un concerto elettrizzante all’ – ehm – Electric Circus, nel 1977). Stesso trattamento “rimpolpante” era stato riservato a “Love Bites” e a “A Different Kind of Tension”.
Unico difetto individuato al tempo, le striminzite liner notes di Jon Savage, che, quanto meno, per la ristampa del 2019 ha avuto il buongusto di scrivere nuovi testi, anche se siamo sempre dalle parti del minimo sindacale (un’altra occasione sprecata).
La versione colorata – ovviamente “limited”, e più costosa di quella “normale” – in vinile di Love Bites ora immessa sul mercato (nel 2013 gli LP non erano ancora tornati di moda) basterà a disinnescare l’irritazione del fan che, in maniera compulsiva, si mette in casa anche questa edizione? E come giudicare l’assenza assoluta di tracce extra, per quanto di poco conto, oggi che qualsiasi scampolo viene usato come esca appetitosa per gli acquirenti di dischi meno cauti? Della “40th Anniversary Edition”, più della rimasterizzazione effettuata a partire dai nastri blablablà (tale scrupolo filologico ha senso per un album dei Buzzcocks?), segnaliamo solo la presenza dei testi delle canzoni, una piacevole novità.
Quanto all’opera in sé, Love Bites è un gioiello. A livello testuale e sonoro, Savage ne sottolinea come una delle caratteristiche principali la duplicità, basata sui contrasti reale/immaginario, passato/futuro, passione amorosa/lussuria, comunicazione/alienazione, ricerca di motivi orecchiabili/intento sperimentale. Aggiungiamo, come tratto distintivo, l’amaro disincanto che permea le parole di Pete Shelley (compositore di gran parte dei brani), così lontano dalle provocazioni grossolane del punk.
Meno immediato di “Another Music In A Different Kitchen”, “Love Bites” offre la melodia scintillante e le armonie vocali di Ever Fallen In Love (uno dei cavalli di battaglia del gruppo) e la vivacità di Sixteen Again, gli unici due pezzi “a presa rapida”. Nel resto della scaletta si alternano brani strumentali (Walking Distance, Late For The Train), ritmi martellanti (Nothing Left), energici cambi di tempo (Operators Manual, Just Lust) e sequenze ipnotiche (il riff ripetuto all’infinito di E.S.P.). La scarsa Love Is Lies è invece frutto della penna dell’altro chitarrista/cantante Steve Diggle.
A chi non possiede l’album, e desidera colmare tale lacuna, consigliamo però di orientarsi verso la ristampa del 2013: non facile da reperire, ma sicuramente più appetibile
Articolo del
06/03/2019 -
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