Dall’amore ai tempi di Yale alla rottura sentimentale tra Eliza e Oliver (di fatto i due quinti del gruppo), per i Pavo Pavo tutto lasciava presagire al peggio. E pensare che l’album d’esordio “Young Narrator in the Breakers” del 2016 aveva riscontrato anche consensi a destra e a manca, proiettandoli nell’firmamento indie dei gruppi più intriganti del momento. Ma il perduto idillio amoroso non ha invece compromesso la vena creativa della band, così Eliza Bagg (voci, violino e sintetizzatori), Oliver Hill (voce, chitarra e sintetizzatori), Ian Romer (voce e basso), Peter Coccoma (chitarra) e Noah Hecht (percussioni) hanno tirato fuori il loro secondo album intitolato “Mistery Hour”, giunto a noi lo scorso 25 gennaio grazie all’etichetta Bella Union.
“La questione di feeling” tra Oliver ed Eliza è ben tangibile dal primo secondo della title track “Mistery Hour” all’ultima esalazione di “Goldenrod”: le due voci si alternano, sovrappongono prendono e lasciano con disinvoltura, segno che la travagliata fine della relazione tra i due non ha lasciato crepe nel rapporto professionale.
Dal verso “mon chérie I'm designed to be unsatisfied” si passa al “Mon Cheri” della traccia successiva, che cambia completamente registro e si porta su vette più sperimentali, proposte in forma onomatopeica e negli intermezzi da parte Hill. A proposito di sperimentazioni, se cercate qualcosa di simile date un ascolto al misticismo sognante di Bon Voyage a cura di Melody’s Echo Chamber.
La moda dei synth “sempre e comunque” non risparmia anche il quintetto di Brooklyn, e in questo caso “100 Years” è la prova più lampante. “Close To Your Ego” è un trip sonoro di quelli eleganti, dove trovano spazio una soave voce al femminile (accompagnata da un alquanto tenace schiocco di dita), l’intrigante basso di Romer prima e l’energica chitarra di Coccoma dopo, con tanto di sviolinate della poliedrica Bagg che lo eleggono a vero magic moment di Mistery Hour.
E da buoni avanguardisti non poteva mancare la riproposizione di due tracce numerate in ordine progressivo come nel caso di “Around, Pt.1” e “Around, Pt.2”: il primo dei due round è la cosa che più si avvicina all’idea classica di pop, in cui a duettare con Eliza c’è un sorprendente Ian mentre la voce di Hill, prima lasciata in panchina, è poi oggetto primario delle distorsioni che si susseguono nel finale dell’altro brano. Per finire ecco gli strambi vocalizzi di “Goldenrod”, un lento calo di sipario sull’opera seconda del gruppo di Brooklyn.
Raffinato, barocco e moderno nel suo essere volutamente demodé, non basterebbero questi aggettivi per descrivere la quintessenza musicale che si cela dietro Mistery Hour. I Pavo Pavo provano nuovamente a vestire i panni degli artisti d’avanguardia, è questo manifesto artistico è ben visibile nella tracklist che cela astrattismi non indifferenti. Forse fin troppo. È anche vero che l’eccesso di synth, atmosfere dream-pop e voli pindarici a lungo andare potrebbero annoiare, a maggior ragione se la magia inedita dei primi pezzi lascia il posto a un susseguirsi di sperimentazioni troppo esasperate, ma che sanno regalare anche qualche guizzo altisonante.
Tutto questo rende Mistery Hour dei Pavo Pavo un disco che potrebbe essere visto come un “sonoro” flop o accolto con coinvolgente entusiasmo, ma in nessun caso per forza additabile all’orecchio educato di taluni o da rendere questo un album da consigliare a tutti. Insomma, se siete innamorati tanto quanto Eliza e Oliver lo erano nel precedente album, o cercate una visione d’insieme tra arte e musica, questo disco potrebbe indirizzarvi sulla giusta strada
Articolo del
19/03/2019 -
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