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The Winstons
Smith
2019
Sony BMG Records / Tarmac
di
Giuseppe Celano
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Un minuto (“Mokumokuren”) per introdurre questo nuovo lavoro intitolato Smith, terzo disco per la band qui in piena forma compositiva e forte di un’esecuzione impeccabile.
The Winstons sono un power trio (basso, batteria, tastiere e voci) ricoperto da manti psichedelici.
ENRO WINSTON, ROB WINSTON e LINNON WINSTON giocano su sonorità acide, un po’ jazz e un po’ garage, con deviazioni che richiamano alla mente i Pink Floyd di Interstellar Overdrive e i King Crimson del primo album.
Registrato in parte a Londra, nello studio che fu di Mike Oldfield, presso altri studi sparsi per il nord Italia e missato dal Tommaso Colliva (Calibro 35, Muse), (Winston), Smith prende il nome dal protagonista di 1984 ma è anche un gioco di pronuncia sul Mito dei The Winstons: The Winston's Myth.
Fra gli ospiti potrete ammirare Mick Harvey alla voce (“A Man Happier Than You”) e Richard “Caravan” Sinclair su “Impotence”. Rodrigo D’Erasmo invece è impegnato con “Around The Boat” mentre Federico Pierantoni (trombone) fornisce il suo contributo su “Tamarind Smile / Apple Pie”.
Il loro viaggio è un puzzle sonoro con citazioni di Soft Machine, estese fino al suono di Canterbury, attraverso una componente toccata nel cervello che li rende geniali e anche molto simpatici.
Si parte in quarta su notevoli melodie di memoria beatlesiana che lasciano il posto a una ritmica incalzante, posta su acidi effetti elettronici con tanto di cori appiccicosi quanto basta per incollarsi alle orecchie. Armoniche zeppeliniane si fanno da parte a favore degli incisi al pianoforte che scomodano, ancora una volta, il quartetto di Liverpool (“Around The Boat”).
Tastiere in acido anticipano la percussiva e psicotropa “No Dosh For Parking Lot”, su ritmica swing sospinta dalle impellenti linee di basso, mentre “The Blue Traffic Light” gioca su repentini cambi di tempo e sax suadente.
In “Blind” sembra di ascoltare un improbabile ibrido fra McCartney e il canto svogliato di Dylan. “Boom Everyday” non è da meno con i suoi ghirigori sputati a denti stretti dai fiati, a cavallo degli stacchi ritmici che anticipano significativi cambi di passo fino a passaggi etnici in “Sintagma”.
Un grande ritorno che spazza vie le paure del tanto temuto terzo disco
Articolo del
17/06/2019 -
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