Certe volte la musica non ha bisogno di parole per raccontare una storia, bastano le atmosfere, i suoni, i colori. Mauro Palmas, mandolista cagliaritano, ha realizzato questa impresa con il suo ultimo CD book, pubblicato dalla casa editrice romana SquiLibri: otto brani strumentali e due pezzi cantati e recitati, ricostruiscono il grande mosaico della storia della Sardegna con una colonna sonora che mette insieme la mandola e il liuto cantabile con chitarra, basso, batteria, i fiati, un quartetto d’archi e con il significativo ricorso all’elettronica.
Chiariamo subito: la musica di Palmas non ha nulla a che fare col folk, quella che – come sosteneva Fabrizio De André – è fatta dal popolo per divertire le classi sociali più elevate; ma in questo caso non c’entra nemmeno la musica etnica in senso stretto. È un suono senza barriere; le canzoni attingono dalla tradizione e Palmas partendo dalla mandola e dal liuto cantabile costruisce un’atmosfera di suoni per il racconto che segna l’appartenenza al mare nostrum. Così tra sogno e mito delle suggestioni musicali possiamo seguire la novella scritta da Maria Gabriela Ledda: è una piccola odissea, il resoconto di un viaggio di persone diverse tra loro. Troviamo Antoni e Adrià con il timoniere Juan Edmond Ravel e il mozzo Mohamed in rotta verso Palma de Sols, il nome che gli aragonesi diedero all’isola di Sant’Antioco. Era Antioco uno dei primi martiri cristiani, arrivato dal Nord Africa e gli aragonesi cercarono di conquistare la Sardegna partendo da Sud.
Si sa che alle isole vengono attribuite caratteristiche tipiche degli uomini: solitarie, silenziose, assetate, nude, deserte, incantate. In questo caso siamo davanti a un’isola mitica e magica perché nel racconto di Palma de sols si tiene un convegno a cui partecipano i maggiori suonatori del mondo, convenuti nel sud dell’isola per una competizione davvero singolare: chi fosse riuscito a far comparire un sorriso sul volto della statua di Sant’Antioco sarebbe stato nominato protettore dell’isola.
Epica senza tempo, canzoni ispirate alla tradizione dei gozos, canti di devozione per i santi. Tutti brani di composizione alla cui base ci sono diversi testi in lingua catalana. Armonie aperte, quasi da film, con protagonisti strumenti come il liuto cantabile che poi è una sorta di mandoloncello cui è stata apportata la variante della quinta corda, un Mi. Strumento pizzicato con il plettro ma Palmas suona il liuto cantabile con una tecnica particolare, paragonabile a quella del fingerpiking per la chitarra elettrica.
A sorpresa, il disco si apre con il “Valzer degli increduli”, quindi con un ritmo lontano dal Mediterraneo che ci riporta addirittura al dominio austro ungarico ma che per Mauro Palmas ha un altro significato: è l’incontro di persone che parlano la lingua universale della musica. Del resto – dice Palmas- la musica raccolta in questo disco vive, attraversando il tempo e i mari, nel sogno di coraggiosi viaggiatori. E non c’è da meravigliarsi se una musica nata su una mandola a un certo punto lasci la scena a una cornamusa, come accade nel brano intitolato Est, oppure sia un Quartetto d’archi a descriverci una notte di Luna Piena.
Il veliero di Palmas guarda all’infinito tra un cielo di levante e un mare di colori: “Dedico questo disco a chi dal mare ha saputo trarre ricchezza”, afferma Mauro Palmas, “a quanti al mare affidano la propria vita e le proprie speranze: ai tanti che ce la fanno, ai troppi che vedono il proprio sogno frantumarsi tra le onde”. Buon vento a chi ascolta!
Articolo del
06/07/2019 -
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