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Dopo il successo della data estiva torna in Italia la psycho-rock band americana originaria di Austin per presentare il nuovo album “Indigo Meadow”, uscito su etichetta Blue Horizon e già osannato dalla critica di mezzo mondo. Un album che ha segnato la svolta per la band, una vera e propria consacrazione. Una data davvero da non perdere per tutti gli amanti delle atmosfere ipnotiche alla Velvet Underground e al rock psichedelico, come solo pochissime altre band sanno regalare dal vivo. “Indigo Meadow” è frutto di un progetto più ambizioso. Punta a farsi enciclopedia lisergica, zibaldone di psichedelia applicata al rock, con la presunzione di aggiornare cinquant'anni di tradizione. Che vi riesca o meno, è tutt'altra faccenda. Di certo, riprende il discorso da dove lo aveva interrotto “Phosphene Dream”. Alex Maas che salmodia come una Grace Slick gotica è ormai il marchio di fabbrica più riconoscibile della band. Per il resto, l'iniziale title track introduce un concetto di groove che spezza la monoliticità dei pezzi e apre il sound degli "angeli" a nuove e intriganti soluzioni. Canzoni come Evil Things e Love Me Forever godono di riff importanti, ma non si esauriscono in essi. Hanno arrangiameti sofisticati, ispirati alle stramberie del freakbeat o agli anfratti più curiosi di Nuggets. In molti hanno citato frettolosamente gli Strawberry Alarm Clock, laddove Broken Soldier assomiglia più ad una Love Me Two Times eseguita dagli Electric Prunes. Se la frizzante You're Mine ha quell'approccio ipnotico alla Silver Apples ascoltato di recente anche nei Moon Duo, Don't Play With Guns è una rumorosa ed allettante puntata verso i Jesus And Mary Chain di “Automatic”. In tutti i brani è l'organo a piazzare la nota sinistra, ad abbassare gli scuri su un album che sarebbe un'incredibile esplosione di colori, se solo lasciasse filtrare più luce. Questa è la cifra stilistica dei Black Angels, quella che li rende immediatamente riconoscibili e che ci consente di soprassedere sui momenti meno brillanti del disco. Anche in un pezzo come I Hear Colors, tenebrosa trasfigurazione dei Jefferson Airplane, il gruppo passa in rassegna un corredo cromatico tutto virato al nero, svuota il sogno lisergico dei connotati utopistici e propone la sua psichedelia come uno dei paradigmi più adatti ad interpretare la contemporaneità. Come se il 1969 non fosse mai finito. Ad aprire la serata gli Elephant Stone, canadesi di Montreal, che nel 2009 arrivano ad ottenere numerosi riconoscimenti con l’album di debutto “The Seven Seas” (anche una nomination per il Polaris Music Prize) e successivamente seguono in tour band del calibro di Black Angels, Brian Jonestown Massacre e Horrors. Dopo la pubblicazione dell’EP 'The Glass Box' i quattro ragazzi tornano con l'LP omonimo. Gli Elephant Stone interpretano in modo assolutamente personale le istanze ormai modaiole e revivaliste dello psych-rock trasportandole in un contesto più pop e a tratti appetibile. A melodie potenzialmente da classifica di stampo quasi brit-pop però la band accosta momenti decisamente più inoltrati e sperimentali, in una jam continua di riverberi. Nella sua totalità l’album accoglie brevi killer-track dalle accattivanti sezioni ritmiche, ma anche numerose digressioni, raggiungendo picchi esotici allucinati. Parte integrante della strumentazione sono infatti sitar, tabla (percussioni simili al bongo) ed esraj (una sorta di arpa indiana).
THE BLACK ANGELS opening act Elephant Stone CIRCOLO DEGLI ARTISTI porte/botteghino ore 20:30 concerti ore 21:30 ingresso: 18 euro + d.p. Via Casilina Vecchia 42 - Roma 06 70305684;info@circoloartisti.it
Articolo del
30/09/2013 -
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