Molto interessante questo nuovo lavoro dei nostrani Arcadia, di cui possiamo apprezzare varietà, originalità e aggressività. Come molte band italiane, gli Arcadia sono molto attivi sui palcoscenici internazionali, e hanno avuto l’onore di suonare con band leggendarie come Testament, Obituary e Deicide. L’esperienza accumulata da Demetrio Scopelliti - chitarrista e leader del gruppo – e compagni, in giro per il mondo e a contatto con cotanti mostri sacri, ha dato i suoi frutti. Infatti, in questo ”Roy Philip Nohl”, gli Arcadia si allontanano dalle sonorità industrial dell’esordio, e dal precedente lavoro ”Cold Cold Bodies”, da loro definito “un album di transizione”. Non rinnegano, però, le loro origini: infatti il loro metal si mantiene saldamente nei binari della modernità, sulla scia di Fear Factory e Prodigy, anche se non manca qualche strizzatina d’occhio alle tendenze metalcore. Con questo non vogliamo assolutamente collocarli in quel famigerato calderone, che ultimamente ha prodotto molto in termini di quantità e purtroppo non altrettanto dal punto di vista qualitativo. E’ vero che tutti i brani presentano parti di chitarra molto melodiche soprattutto nei refrain, ma nessuna di esse può essere definita scontata o tecnicamente ovvia. Anzi, questo album è una dichiarazione di guerra alla banalità e alla prevedibilità: le combinazioni schizoidi, discontinue e a tratti geniali di thrash, hardcore e industrial sono, insieme alla potenza deflagrante dell’insieme, la prima cosa che colpisce all’ascolto. Il disorientamento che coglie l’ascoltatore ad un primo tentativo di classificazione è garanzia del fatto che ci troviamo di fronte a qualcosa che al momento non ha eguali in Italia. Si potrebbe tentare un paragone con i Ministri rivisitati in chiave “Terzo Millennio”, ma tale definizione non è sufficientemente esaustiva. Tra i brani più significativi, in questo senso, potremmo citare “New Skin”, o “Slaughterhouse", “Obituaries And A Love Story”; ma anche la romantica ballad “Because Of You” mette in campo personalità da vendere, il suo arrangiamento vagamente psichedelico mette in chiaro che non si tratta del classico lento buttato lì come riempitivo. Una citazione meritano anche le liriche, molto sofferte e intelligenti, che esplorano il dramma dell’abuso di sostanze stupefacenti. Per chi non l’avesse capito, infatti, “Roy Philip Nohl” sta per Roipnol. Nel contesto dell’album (che non è un vero e proprio concept, nonostante l’impostazione narrativa) Roy Philip Nohl è il personaggio principale, che racconta la storia del suo cammino lungo il tunnel della droga, insieme agli amici Al Kohl (alcol) e Mike O’Caine (My Cocaine). Un’allegra compagnia, non c’è che dire. Tuttavia, ci piace molto questa trattazione di un tema tragico e attuale come la tossicodipendenza: un approccio distante anni luce dai luoghi comuni e dallo stereotipo del “sesso, droga e rock’n’roll”, un’interpretazione realistica, cruda e introspettiva. Bravi Arcadia!
Articolo del
21/11/2010 -
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