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Lullabier
Mai Nulla Di Troppo
2011
ViVeriVive
di
Mirela Marta Banach
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Chi è fervente sostenitore dei cosiddetti ‘primi impatti’ concorderà nel capire la positiva reazione di un’ingenua martire di vecchie avanguardie etimologiche nel trovare sul link musicale parole quali Lullabier: mix perfetto di reminiscenze ‘curiane’ e francesismi eclettici. Se poi il tutto è accompagnato da emergenti/menti significativamente capaci si può stare tranquilli. ”Mai Nulla Di Troppo”, partendo dal proprio postulato non delude l’istintivo first impact, e ci getta in giovane avanguardia drone folk-ambient-melodica contornata da minimalismi slowcore-elettro limati su misura interamente dal veneto Andrea Vascellari. Si parte con “In Cerca Di Pace” che controversamente di pace non è carente, almeno nell’angolazione melodica, essendo essa non altro che la sua pura proiezione. È invece apparente quella dell’accettazione di una cruda realtà contornata da vaporoso-ovattate atmosfere. Stando a possibili rifiuti del raffronto, l’incipit di “Nel Suo Azzurro” rimanda all’ultimo capolavoro di coloro che di Lullaby sono i padri creativi: si parte con un ritmato motivo elettrico richiamante il Bloodflowers smithiano che si scontra con leggerezze vocali del Vascellari per un creato unicamente orecchiabile. L’eccezionalità di “Calma Piatta” sta in un ambient etereo-acustico-naturalistico: si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad acque senza fine nel pieno dell’alba. Perché un romanticismo acre sembra il motivo portante della catena espressiva di L. “Paesaggio Di Neve”: piccolo capolavoro con arpeggi familiari. Sarà l’apporto di Teatro Musicato Cosciente a incidere nella mia teatral di coscienza facendomi dilagare nella sua essenzialità a tutto tondo. Di acritica nessuna traccia perché laddove si ha l’incessante desiderio di risentire il brano, ogni giudizio tecnico non ha ragion d’essere. Si inserisce il pezzo in tasca e si cammina tra bui geli nordici ‘senza avere fretta’. Riverberantemente inquietante l’inizio di “Promesse” che foggia una positiva sensazione psichedelica nell’intento pessimistico delineato da marcati ecclettismi. Il testo crea immagini scandite da suoni rigorosi tra sporadici cori duali. Il gusto poetico di Edgar Lee Masters risuscita tra le meste armonie di “Pro Patria” quasi a seguire le orme del Guccini e De André, e di malinconia parlando, “Haiku” convince in minor grado, almeno nel pieno del lucido raziocinio: la ridondanza dello spleen tenue incita a godersi il brano in situazioni tutt’altro che ‘lucide’. Si ultima con la title- track (almeno per ¾)che viaggiando sulla stessa lunghezza d’onda di ”Calma Piatta” e con i suoi pieni 8 minuti funge da valido riassunto d’insieme. Apatia intelligente, maestria dell’elitaria attesa, indifferenza critica sconosciuta ai più, saggezza della giovane abilità critica, solitaria e crudele maschera di menefreghismo covante all’interno il più sensibile desiderio di sensibilis: ipnotica caduta sotto i sensi. Che continui così…
Articolo del
13/11/2011 -
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