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Davvero curioso il progetto discografico d’esordio di Valerio Millefoglie. Pubblicato dalla Quiet, Please! con distribuzione EMI, “I Miei Migliori Amici Immaginari” è uno di quei dischi difficili da comprendere, soprattutto al primo ascolto. Nonostante una labile connotazione pop, questo lavoro fugge letteralmente da qualsiasi obiettivo di orecchiabilità. Nessuno dei dieci brani in esso contenuti risulta in effetti essere ingabbiato negli schemi, tanto prevedibili quanto scontati, della canzone italiana. Lo testimonia la limitazione dei ritornelli e le dilatazioni improvvise delle strofe. A padroneggiare è dunque una sperimentazione notevole, sia nelle liriche che nelle musiche. Per quanto riguarda i testi c’è una tendenza costante a raccontare la realtà attraverso un linguaggio originale, figlio di una visione un po’ straniata – e per certi versi distorta – della società. I protagonisti dei brani sono esseri improbabili, surreali e tramutati in supereroi senza alcun tipo di preavviso. Ciò comporta il loro inevitabile fallimento. Si tratta di personaggi inventati dall’autore stesso durante l’infanzia e magicamente riuniti in questo album che narra le loro vicende fantasiose. Tutto questo accentua in maniera lampante le ambientazioni e le atmosfere grottesche delle canzoni. Emblematica in tal senso “VM18”, forse la traccia più immediata dell’intera raccolta. In generale la scrittura si dimostra molto elastica. Testi compatti e concisi, come ad esempio “Torsolo Di Mela”, lasciano spazio ad altri più articolati, interpretati in maniera sempre diversa. Ne “L’Uomo Pan Di Stelle”, traccia d’apertura, Millefoglie si cimenta in una sorta di ‘reading’, almeno nelle strofe. Gli arrangiamenti, interamente curati da Massimo Martellotta, che de “I Miei Migliori Amici Immaginari” è anche il produttore, valorizzano con sapienza l’anticonformismo delle liriche. Si passa da episodi tipicamente elettrici (su tutti “Io L’Ho Sempre Detto”) ad altri più elettronici, bombardati dai synths e dalle “tastierine” dal piglio palesemente wave. Ciò potrebbe ricondurlo ad un nuovo esempio di indie pop, molto di moda in questo periodo. L’atteggiamento è del resto simile a quello che ha fatto la fortuna dell’album di debutto de I Cani, bizzarra formazione capitolina, probabilmente la band rivelazione dell’anno per quel che riguarda la musica alternativa italiana. Rispetto a questi ultimi c’è però una maggiore varietà di stili, poiché la sensazione generale è quella di un LP che sembra fondere l’avant-garde con il crossover più inusuale. Ciò si avverte soprattutto in “Ex Rapper”. Un lavoro ambizioso e al tempo stesso spigoloso, da contemplare con pazienza. Ad apprezzarlo saranno, con molto probabilità, gli ascoltatori maggiormente predisposti agli esperimenti sonori più estremi dell’underground italiano.
Articolo del
03/12/2011 -
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