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Wild Wet
Cocktail In Bloodshed
2011
CD autoprodotto
di
Marco Buccino
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Dopo “Carousel Of Nothing” (2009), uscito sotto etichetta americana, i Wild Wet ritornano con ”Cocktail In Bloodshed”, autoproduzione che abbandona lo stile glam precedentemente impostato dai ragazzi di Macerata: hard rock alla Guns N' Roses, influssi anni'80 ma anche richiami all'ondata scandinava (ad esempio, Rest In Sleaze). Dopo il seducente intro arpeggiato di “After I Came”, i Wild Wet liberano la loro rabbia con “Before You Die” e “What You Love”; il mood del disco si addolcisce solo per un attimo con “Crazy Little Star”, perchè “Steamwheel” ritorna ad essere cattiva e aggressiva. Poi si passa a ritmi più avvolgenti grazie ai tamburi di “Astray”, colpevoli forse di rallentare l'andamento dell'album, fin qui esplosivo: i Wild Wet non imparano la lezione dei Motley Crue, lasciando al batterista la composizione del testo, che rivela un inglese maccheronico e a tratti scopiazzato. Lo stile di “Angels Airlines” ricorda molto l'ugola di Axl Rose; sono accattivanti i riff di “Last Tattoo”, si rivela rabbiosa “Lookin' Inside”, il pianoforte di “Wings Of Summer” racconta di un amore finito dopo l'estate, “Grey Zone” offre ottime rullate iniziali ma si scopre ripetitiva; infine, con tastiere e synth, chiude il disco l'outro “Division 2.0”. D.Crystal, BlackJ, G.Everett e M.Nyx Frye scrivono le loro canzoni in inglese, e allora il confronto con i loro modelli oltremanica e oltreoceano risulta inevitabile e molto pesante da affrontare. Anche la dedica impressa sul retro del booklet, “...to all those whose heart never surrenders”, sembra scimmiottare eccessivamente il mondo classic rock dei gloriosi decenni andati. Forse i testi in italiano avrebbero dato tutt'altra resa a questo disco; comunque, nonostante spesso ripetitive e uguali tra loro, queste tracce dimostrano sicuramente che si può lavorare per migliorare e dare originalità e riconoscibilità al sound dei Wild Wet.
Articolo del
28/12/2011 -
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