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Laurex Pallas
L’Ultima Liegi-Bastogne-Wembley
2011
Rodeo Dischi
di
Alessandro Basile
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E’ una delle produzioni più commentate delle ultime settimane. Ed è anche uno degli album di musica italiana più intriganti ed eccentrici del 2011. Fino ad oggi gli addetti ai lavori hanno speso solo belle parole per il secondo capitolo discografico dei Laurex Pallas, progetto ideato e capitanato dall’accoppiata Carlo Pinzi-Fabio Alessandria. “L’Ultima Liegi-Bastogne-Wembley”, pubblicato dalla Rodeo Dischi con distribuzione Venus, è acquistabile presso i rivenditori e le piattaforme digitali autorizzate dallo scorso 29 novembre. Arriva a circa tre anni di distanza dal brillante LP di debutto intitolato “La Classicissima Coppi-Mercuri”. E questa volta i Laurex Pallas non si sono fatti mancare proprio nulla, a partire dai tanti ospiti che, in un modo o nell’altro, hanno dato il loro prezioso apporto durante le fasi di registrazione dell’album (basti pensare all’inconfondibile timbro vocale di Sara Mazo, presente sia nel groove avvolgente di “So Quel Che So” che nel successivo intermezzo ribattezzato “Prandi Bruna”). Gli interventi da parte di amici e colleghi hanno quindi consentito alla band di sbizzarrirsi totalmente nell’arrangiamento dei pezzi. Numerose le chitarre così come i fiati. Determinanti, questi ultimi, negli episodi maggiormente influenzati dalle atmosfere retrò (primo fra tutti “Settimana Neanche Troppo Enigmistica”). A regnare è comunque l’imprevedibilità che, accostata ad un’indole grottesca, rende semplicemente unico questo lavoro. Il registro dissacrante ed ironico delle liriche è sempre ben sorretto dalle armonie variegate perché mai ripetitive. Del resto è difficile identificare in solo genere la musica dei Laurex Pallas. Le ramificazioni sono notevoli. E parlare di pop è infatti riduttivo. Più semplice forse rintracciare l’imprinting, legato ad una velata attitudine folk, tanto nostrana quanto d’Oltreoceano. Composizioni come “Vicenda Semiseria Di Un Suonatore D’Ukulele In 476 Sillabe”, geniale filastrocca che va ad aprire il disco, ed “Il Colonnello Dislessico” risultano essere le canzoni che meglio delle altre si riconducono alle atmosfere sonore tradizionali. Però poi il disco, attraverso la successione dei brani, dimostra perfettamente di essere capace di prendere pieghe innumerevoli nonché inaspettate. Se “Incastri” (sulla falsariga dell’ultimo Dente) ed “Il Mio Deserto” lasciano intravedere dolci sprazzi di poesia, “Quello Che Fai”e “Réclame” riescono a mettere in rilievo un aspetto a dir poco straniante che, al primo ascolto, finisce col prendere alla sprovvista chiunque. Forse sono proprio l’originalità e la sfrontatezza i punti forti di questo album che, in fin dei conti, dimostra di contenere un’efficacia molto evidente. Complimenti allora a chi l’ha pensato, scritto ed confezionato. Se l’obiettivo principale dei Laurex Pallas era quello di stupire e convincere anche i più scettici, bisogna dire che ci sono riusciti perfettamente. Chapeau.
Articolo del
29/12/2011 -
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