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Un Mac con Garage Band, riferimenti alla musica degli anni '70 e '90, scelta di strumenti musicali dai riff di chitarra all'assolo di ukulele, qualità Lo-Fi, punk, rock, miscelate il tutto aggiungendo ironia ed otterrete ”Iranian Doom”. La terza pozione, ben riuscita, dell'alchimista Sterbus, al secolo Emanuele Sterbini, polistrumentista romano, ci regala un viaggio surreale nel non sense, apparente, attraverso le tredici tracce che compongono questo suo terzo album, completamente registrato ed auto prodotto. E' un chiaro omaggio al suo mito Frank Zappa, all'interno di questo collage musicale, in cui, in un unico disco è racchiuso l'effetto di continuo zapping, appunto, da una stazione radio ad un'altra. Con citazioni volutamente palesi, si parte con ”Any Minute Now”, intro strumentale di un minuto, riff di chitarra e giro di batteria di Paolo Sala. Segue ”Sloop Jai B” con la “partecipazione straordinaria” di Brian Wilson dei Beach Boys, ovviamente questa traccia è solo una rivisitazione dell'originale “Sloop John B”, con l'aggiunta di un intermezzo zappiano, ed un risultato stile Beck. ”Trapped in The GRA”, uno stoner rock (genere che unisce rock psichedelico, grunge e altre influenze musicali con voci melodiche, per evocare atmosfere tipiche del passato - ndr) nervoso con molti cambi, situazione tipica per gli automobilisti bloccati nel Grande Raccordo Anulare. Ispirato ai Talking Heads è ”Crash City”, sintetizzatori e melodia arabeggiante per la quarta traccia dell'album. Per quanto riguarda le successive ci sono altri due brani strumentali ”Big Daisy” e “Cheap-Com”; ”Miles Monroe”, è una alquanto improbabile rivisitazione di Elliott Smith con finale alla Beautiful, e si intende la sigla della famosa soap-opera. Nella seconda metà del disco c'è la title-track, ”Iranian Doom”, una ballata soft che ricorda quelle dei Beatles, spezzata nell'ultimo minuto da chitarre aggressive del migliore Syd Barrett (cofondatore dei Pink Floyd – ndr). Degna di nota è anche ”Parallelepyd Song”, unione di varie influenze musicali dai King Crimson ai Radiohead. Questa terza fatica di Sterbus - la parola definisce bene il carico di lavoro che può avere una sola persona nel suonare, scrivere, registrare, ma soprattutto accostare tanti generi diversi, sound disparati, avvolte forzati, ma assolutamente mai casuali – risulta piuttosto piacevole all'ascolto, ci sono brani davvero ben costruiti, altri un po' meno, del resto non si può essere troppo negativi nel giudizio, considerando come e con quali mezzi Iranian Doom è stato assemblato. Nasce dalla una grande conoscenza musicale, e dalla passione che ne può derivare, il tutto arricchito dalla una forte dose di ironia, finalizzata all'intrattenimento, perché i lavori di Sterbini prima di tutto puntano a divertire, il resto...da ascoltare.
Articolo del
12/02/2012 -
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