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I tempi cambiano e la musica si adegua. Infatti come ogni forma d'arte che si rispetti, a volte ha il compito di raccontare altre, invece, di nascondere ciò che ci succede intorno. Ascoltando quello che offre il mercato discografico di questi ultimi anni, viene spontaneo ammettere che non ci sono più le canzoni di una volta! Quei testi semplici, immediatamente comprensibili che raccontavano una quotidianità nella quale chiunque poteva ritrovarsi sembrano ormai un ricordo lontano. La maggior parte delle canzoni di oggi, soprattutto se ci si avventura tra gli esordienti, tendono per lo più a proiettare l'ascoltatore in mondi paralleli. Da questo punto di vista, il quartetto dei Re-Ve non fa eccezione. Nati nel 2005 tra Milano e dintorni con il nome di “Supernova” si propongono al pubblico locale cantando in lingua inglese pezzi dallo stile British traendo ispirazione sia dai famosissimi Beatles sia, in generale, dalle contaminazioni musicali che attraversavano l'Inghilterra degli anni '80. Da questa prima fase nasce “28”, il loro primo demo che non ottiene particolare risonanza. Sarà invece con il secondo demo, “28b” e qualche cambio di faccia all'interno della band che inizia a cambiare qualcosa. Infatti, nonostante il successo non sia sfavillante, la Lostdogmusic decide di appoggiare il loro progetto e credere in questo gruppo. Siamo nel 2010 e i Supernova diventano Re-Ve. In poco meno di un anno incidono il loro primo omonimo cd nel quale gli undici brani, questa volta cantati italiano, sono una mescolanza ben riuscita di vintage, disco-elettronica anni '70-'80 con striature di pop più moderno che trascinano l'ascoltatore in un vero e proprio vortice psichedelico-sonoro. I titoli parlano già da soli: cosa infatti ci si potrebbe aspettare quando sulla tracklist si leggono parole come ”Elettroisterica”, “Fobia”, “Black Out” o ”L. S. D.”? Nel contesto, poi, calza a pennello la cover della storica ”Lamette” di Donatella Rettore. Unico neo, a mio parere, è la struttura dei testi che risultano tutti troppo irrazionali e perciò rischiano di diventare ridondanti. Con tutta la buona volontà, si fa sinceramente fatica a localizzare nel brano ”Se Lo Dice Freud”, qualche congruenza con quanto sostenuto dal padre della psicanalisi e anche ”Risveglio Quantico” lascia dubbiosi su ciò che realmente questa canzone vuole esprimere. Molto buona e divertente, al contrario, ”Chi Ha Incastrato il Bianconiglio?” che riprende l'incalzante melodia del film Alice nel Paese delle Meraviglie con tutto il suo carico di surrealismo fantastico. Il testo brevissimo di ”Fine, invece, è compensato dalla bellissima musica d'accompagnamento e, soprattutto, di chiusura. Oltretutto rappresenta un'anticipazione del prossimo album al quale il gruppo sta già lavorando. Un disco tutto sommato buono, per gli amanti del genere, che musicalmente rappresenta un discreto punto di partenza dal quale il gruppo può solo migliorare. Dal prossimo album ci auguriamo però un po' più di ottimismo e di ritorno alla realtà: infatti, anche se a volte rifugiarsi in una dimensione parallela potrebbe sembrare l'unica soluzione per fuggire da un mondo diventato ormai troppo contraddittorio, siamo certi che sia la più sicura?
Articolo del
13/02/2012 -
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