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A quasi quattro anni di distanza dalla nascita, gli 09Ampere pubblicano il loro LP d’esordio. S’intitola “Apnea” ed esce per la Orange Park Records, etichetta sempre molto sensibile nei riguardi delle nuove realtà musicali italiane. Contiene una dozzina di tracce inedite registrate nella primavera del 2011 presso il Poli Studio Recording di Roma da Andrea Saponara, uno dei migliori ingegneri del suono capitolini sulla piazza. E in effetti, in quanto al sound, il disco non fa una grinza. Sin dalle prime battute di “Anima”, pezzo destinato ad aprire la raccolta, si denota un atteggiamento schietto ed accattivante, lo stesso che ha contraddistinto la scrittura dei brani. Anche se curato in ogni minimo dettaglio, “Apnea” conserva tutta l’intensità che gli 09Ampere riescono a sprigionare sul palco. Il piglio squisitamente rock delle strutture portanti non sembra disdegnare le inevitabili digressioni di stampo funk e post-grunge che, con grande frequenza, finiscono per incunearsi tra uno stacco e l’altro di batteria. Del resto si percepisce quasi subito un gusto particolare per il filone alternativo statunitense della prima metà degli anni Novanta. Evidentemente le produzioni in quel periodo da Eddie Vedder, Josh Homme, Dave Grohl, Mike Patton e compagnia bella devono aver influenzato non poco gli ascolti adolescenziali del quartetto romano. La prevalenza di ruvide progressioni e di assoli taglienti dona all’album una lodevole uniformità elettrica. Anche nei frangenti meno “tirati”, si mantiene quindi uno spirito musicale solido e graffiante. In una parola: compatto. Non c’è spazio infatti per ballads, tantomeno per episodi più morbidi (o perlomeno di rottura). E forse, paradossalmente, è proprio questo l’unico aspetto meno convincente dell’album, ovvero l’eccessivo “equilibrio” strutturale delle canzoni. Sembra strano, ma è così. Forse un maggiore sbilanciamento, o comunque una saltuaria mescolanza di registri, avrebbe potuto garantire la giusta imprevedibilità ad un lavoro che, sia chiaro, non manca affatto di dinamicità. In effetti un’istintività di fondo c’è. E tale sensazione emerge, ad esempio, dall’osservazione delle liriche. Dai testi si avverte una disinvoltura che, tuttavia, non sempre viene del tutto assecondata dal cantato e dalle musiche. Abolizione di punti di riferimento: questo deve essere l’imperativo! Ed è qui che la band dovrà migliorare se vorrà, un giorno, convincere anche l’ascoltatore più esigente, pronto ad essere stupito da quei progetti che scelgono di sviluppare un determinato tipo di rock. Bisogna spiazzare per distinguersi dagli altri, e loro hanno le potenzialità per farlo. Probabilmente in “Apnea” non ci sono riusciti del tutto. Ma ciò non significa che il prodotto sia mediocre. Fortunatamente le basi ci sono. Qualità, tenacia, dedizione e umiltà pure. E il tempo a disposizione non manca. Un motivo in più per attendere con ansia un nuovo, futuro capitolo discografico.
Articolo del
01/04/2012 -
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