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Lo scorso 24 febbraio i Quebegue hanno pubblicato il loro omonimo disco d’esordio. All’interno vi sono dieci tracce inedite. Esse rappresentano il succo del lungo processo di scrittura che ha caratterizzato i primi nove anni della loro carriera. Il sestetto fiorentino, capitanato dal compositore – nonché cantante e chitarrista – Marco Fontana, nasce infatti nel 2003. E in quasi due lustri la band ha avuto modo di trovare la propria identità a suon di concerti, attraverso i quali sono riusciti a proporre con frequenza l’elevato numero di canzoni accumulate in un arco temporale non indifferente. Fare le cose con calma, specialmente in ambito discografico, è necessario. Inutile correre. E i Quebegue, attraverso una particolare pazienza ed una giusta dedizione per il lavoro, hanno preferito aspettare a lungo prima di sfornare un LP. Del resto oggi è inutile produrre album senza un valido motivo di fondo, se non altro perché è elevato il rischio di uscire con un full-length che difficilmente otterrà la visibilità che gli spetta. Questo il complesso toscano lo sa bene, e perciò ha deciso di non scapicollarsi. Così a beneficiarne è stato il disco stesso, prodotto dal gruppo assieme a Daniele Bao, che si è occupato anche delle registrazioni e del missaggio. All’interno dell’album trovano spazio episodi di stampo cantautorale squisitamente italiano, levigate alla perfezione non solo per quanto concerne il suono, ma anche sotto l’aspetto degli arrangiamenti. Sono brani raffinati di matrice elettroacustica, un po’ sulla falsariga di progetti minimalisti come quelli dei Non Voglio Che Clara e dei Pane. Inoltre la band è stata scaltra nel donare alle canzoni vestiti diversi ma allo stesso complementari. Si privilegiano le ballate (“Donna Che Ride” e “La Distanza Del Volo” su tutte), ma non manca l’occasione di scorgere anche altre aperture stilistiche. Ad esempio si sfiora lo swing; o può capitare di imbattersi in pezzi dal piglio distorto, soprattutto nella fase centrale del lavoro. La scrittura è interessante, moderna. A tratti risulta anche spensierata. Si riscontrano liriche fluide e variegate. I testi dimostrano inoltre una coerenza puntuale con le relative musiche. Si parla di sentimenti e di emozioni, oscillando tra registri malinconici ed altri più frizzanti. Anche la quotidianità risulta essere prevalente nelle dinamiche dei versi. E “Una Settimana Con Veronica”, grazie al suo tocco disteso e divertito, risulta una limpida istantanea di quelle che sono le tendenze, le mode, delle coppie d’oggi. C’è un’attitudine pop labile, che viene comunque gestita con intelligenza, evitando episodi scadenti. Si può dire che i Quebegue sanno bene quali pieghe stia prendendo la buona musica leggera nostrana. Per questo cercano di intenderla con spontaneità, puntando a non scopiazzare troppo e dando piuttosto l’impressione di essere veri e sinceri. Certo, si notano le influenze di altri colleghi, ma questo tanto normale quanto inevitabile. D’altronde c’è poco da fare: qualche punto di riferimento, qualche influenza deve pur esserci in un complesso musicale. Non bisogna stupirsi allora se capita di avvertire alcuni richiami “silvestriani” tra le strofe (ma non nell’inciso) di “Mentre Corro Vs. Il Mare”, o di individuare qua e là un po’ di Diego Mancino e un pizzico di Roberto Dellera nel cantato. Tutto sommato, è possibile definire “Quebegue” una produzione discreta, per nulla acerba anche se si tratta della prima (il perché è già stato delineato). Eppure la sensazione è che si possa fare ancora meglio. La certezza è che le pubblicazioni a venire consentiranno al progetto di ritagliarsi un posto importante nel cantautorato del futuro. Intanto ecco un buon disco, conciso nella durata globale e leggero sia nell’approccio che nello sviluppo.
Articolo del
09/04/2012 -
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