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Formatisi nel 2006, il nome dei bolognesi Fev comincia a circolare grazie a due EP di buona fattura; l’autoprodotto “Corto Maltese” del 2008, con la presenza al violino di Francesco “Fry” Moneti dei Modena City Ramblers, e il successivo “I Sogni Nel Cassetto”, nel quale spicca una riuscita rilettura, nell’italico idioma, della springsteeniana “The Ghost of Tom Joad”. Ora il gruppo capitanato da Luca Taddia, pare finalmente aver raggiunto una maturità tale per dare alle stampe il suo primo vero full lenght. Prodotto da Cristiano Santini, ex Disciplinatha, “Nebbia Bassa” mostra infatti un gruppo conscio delle proprie capacità e dei propri mezzi nonché fautore di un suono che, seppur pagante pegno verso illustri predecessori, riesce tuttavia a far emergere una spiccata personalità sonica. Il rock operaio del primo Springsteen, rasoiate punk in odore di Clash, reminescenze alternative country convivono con il folk di matrice irlandese e il robusto combat rock d’estrazione ganghiana, in una cifra stilistica nella quale temi sociali come la Resistenza, l’antifascismo e le lotte sindacali sono indissolubilmente legati all’anima musicale. Tutto ciò è ben esemplificato dalla title track, un robusto folk rock, con ospiti proprio i fratelli Severini, permeato dai ricordi di un periodo, quello della Resistenza, i cui aneliti di giustizia e libertà sono tutt’oggi più vivi che mai. Pane e Libertà, storia in musica del sindacalista contadino Giuseppe Di Vittorio, in bilico tra la malinconia per un passato che non c’è più e la speranza di un futuro migliore, vede la presenza dei Modena City Ramblers, in una folk song trasudante umori irlandesi. L’irruenza sonora di F. Aldrovandi, complice anche il collerico apporto vocale di Steno dei Nabat, prende spunto dalla tragica vicenda del ragazzo ferrarese, percosso a morte da quattro poliziotti, per sfociare in una rabbiosa critica verso l’insensata violenza troppo spesso caratterizzante l’operato di alcuni organi “deviati” dello Stato. Rabbia sonora che ritroviamo alla radice di 1977, questa volte con Angelo Conti della Banda Bassotti dietro al microfono, una sfuriata punk rock dal testo a dir poco incendiario. Anche negli episodi privi di ospiti di rilievo il gruppo bolognese riesce tuttavia a mettere in mostra la bontà delle proprie composizioni, come nel rock a stelle e strisce di Avanti Popolo o nei profumi alternative country dell’opener Il Paese Delle Favole, fino ai rimandi folkie della soffusa bonus track Vilmo. Menzione particolare per la struggente poesia acustica Un Giorno Qualunque, con Cisco alla voce, dedicata al tragico attentato alla stazione di Bologna, che il 2 agosto del 1980 uccise 85 persone, marchiando per sempre a fuoco la storia della città emiliana. Un ottimo esordio davvero quello del gruppo bolognese, a testimonianza di come il rock italiano possa ancora essere “resistente”. Se i fratelli Severini dovessero in futuro nominare un erede in grado di portare avanti lo spirito e l’anima musicale dei Gang, la loro prima scelta sarebbero sicuramente i Fev.
Articolo del
09/05/2012 -
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