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Anomali, folli, occulti, paganeggianti: a un anno di distanza dall’apprezzato debutto “The Past”, riecco, sempre tesserati per la Doomymood Records, i geniali Focus Indulgens. Questa volta si presentano con sei brani più una suite in italiano, un titolo dagli echi tanto classici quanto minacciosi - ”Hic Sunt Leones” – e un magnifico artwork a cavallo tra la fumettistica horror e la Blaue Reiter, infarcito di ‘memento mori’ e di simbologie religiose, inquietante anticipazione dell’atmosfera di tetra spiritualità che permea buona parte della loro eccezionale opera seconda. Il malefico trio di polistrumentisti formato da Federico Rocchi, Carlo Castellani e Edoardo Natalini ci regala un magnifico sabba hard rock: una danza delle streghe in cui gli accenti proto-doom di Pagan Altar e Pentagram si insinuano, simili a presenze maligne, in un riffing rètro, tutto Black Sabbath e Deep Purple, punteggiato da richiami al prog italiano - quello bello, s’intende, anni ’70 e giù di lì. La title track, con quell’organo solenne posto in apertura, contribuisce a creare la spettrale ambientazione fortemente cercata dai Focus Indulgens: si può forse ipotizzare un richiamo a Ritus, opener di quell’inestimabile portento, tuttora oggetto di culto fra gli adepti dell’esoterismo musicale, che fu “In Cauda Semper Stat Venenum” degli oscuri Jacula. In Il Re E La Quercia il riffing sabbathiano cui si accennava sopra graffia e si modella sinuoso su un testo menestrelliano, con sonorità ed effetti senz’altro più consoni all’era del vinile che a quella dell’MP3. Una breve intro al sapore di doom primitivo ci presenta la bizzarra Figlio Di Cagna, un brano complesso dalla creatività estrema, che impasta irresistibile rock, capricciosi intermezzi progressive e i passaggi lenti ed arcani che ormai abbiamo imparato a conoscere. La luciferina Calendimaggio si avvale di un testo duro, un cantato maligno e un arrangiamento minimale per preparare il terreno, nella parte centrale, ad una sgargiante galoppata di tastiere e chitarra. La parte finale (con annessa chiusura che più Black Sabbath non si può) ci fa ripiombare nella tenebra più profonda, che prelude però alla fluida melodiosità di Un Profeta Dal Cosmo, addolcita da un flauto dolce di derivazione folk, sicuramente meno funesta delle track precedenti, ma non per questo meno intensa e pregevole, con una chiusa acida e spaziale. Ci avviamo alla conclusione con Era Autunno, brano dall'avvio claustrofobico e dalle sonorità distorte e dilatate all’estremo. La mistica della psichedelica o, se preferite, i Sunn O))) in meditazione. Almeno fino all’inatteso ingresso in scena di Bach con la ripresa del suo Preludio della suite per violoncello n.1. Ma rimanete con la cuffia ancorata all’orecchio, perché i numeri dei Focus Indulgens non sono ancora finiti. La suite finale Vinsanto a un primo ascolto si potrebbe definire uno zapping musicale compulsivo: la linearità sembrerebbe infatti star di casa altrove in questo quarto d’ora di doom agghiacciante, post-rock ferino, prog scintillante, chitarre spagnoleggianti, parti recitative e quasi salmodiate. Ma all’orecchio attento non sfuggono i raccordi, bruschi e spiazzanti, ma sempre azzeccati e coerenti, tra i vari capitoli di un viaggio di redenzione ed elevazione. Alla fine di un viaggio spossante, ma straordinario, siamo ormai giunti anche noi ascoltatori, e i Focus Indulgens ci hanno pienamente persuasi che avventurarsi nelle esotiche terre – “Hic Sunt Leones” - dove le belve ruggiscono e le tenebre della magia nera sono sempre in agguato, pronte a ghermire l’incauto esploratore, comporti sì qualche rischio, ma il risultato finale ne valga la pena. Veramente bravi.
Articolo del
17/05/2012 -
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