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Chi da anni segue con costanza la scena alternativa lombarda conoscerà benissimo i Noise Under Dreaming, intrigante progetto milanese fondato nel 2006 da Michele Ricciardi e Matteo Chiamenti. E chi ha un debole per la sperimentazione sonora, per l’ambient, per l’elettronica e anche per un certo tipo di post rock avrà quasi sicuramente apprezzato “Tarokidei”, il disco che la band rilasciò quattro anni fa or sono per la Foolica Publishing. Dopo la parentesi acustica caratterizzata dal favoloso EP intitolato “Objects In The Mirror Are Closer Than They Appear”, i Noise Under Dreaming si sono rimessi al lavoro per dare alle stampe un secondo album d’inediti. La scrittura delle nuove tracce è stata anche segnata da una collaborazione molto importante: il duo meneghino si è infatti occupato della colonna sonora di “G: The Other Me”, cortometraggio diretto da Michele Coggiola selezionato per la sessantottesima Mostra del Cinema di Venezia. Terminata la breve parentesi “cinematografica”, Ricciardi e Chiamenti hanno dunque apportato gli ultimi ritocchi all’attesissimo “In Mine”, disponibile da febbraio e pubblicato dalla Seahorse Recordings con distribuzione Audioglobe. Con questa produzione i Noise Under Dreaming confermano nuovamente tutto il talento, tutta la sensibilità artistica che già si riusciva a scorgere nel full-length d’esordio. Inoltre i due polistrumentisti danno la sensazione di essere in una fase creativa davvero notevole. E il fatto che “In Mine” racchiuda ben quattordici composizioni la dice lunga. L’aspetto più interessante del disco è che, nonostante l’elevato numero di takes anche molto diverse tra loro, si avverta comunque una pregevole coerenza di fondo. Insomma: nessun tipo di assemblaggio frettoloso e casuale. Si capisce subito quanta dedizione ci sia stata durante il concepimento della raccolta, costruita con astuzia e sagacia. Ancora una volta è la componente strumentale a prevalere, anche se non mancano timidi sprazzi di cantato in inglese pronti a palesarsi qua e là: For Nothing, She Won’t Follow Me In Heaven e In Deep, da questo punto di vista, parlano chiaro. Contemplando pezzi intimi, e allo stesso tempo intensi, come Lullaby For Lovers e Whisper si può notare come gli influssi acustici contenuti nel precedente EP non siano poi stati del tutto accantonati. Se nella suggestiva Noise Under My Wish prendono il sopravvento le connotazioni elettriche in stile Alcest, è negli episodi più raffinati che si ritrova l’essenza, il vero marchio di fabbrica del progetto. Ecco allora servito il delizioso elettro-pop di Placebo, morbido brano contenente piccoli, labili rimandi all’universo sonoro degli AIR. Ma il punto forte del disco sta forse nei tre movimenti della Sinfonia Per Menti Distratte, sicuramente il passaggio più ambizioso – ma soprattutto emozionante – di “In Mine”. E’ lì che le digressioni elettroniche lasciano il posto a componenti più classiche ed artigianali. Ed è lì che ci si rende conto della profondità di questo lavoro, esempio lampante di come sia ancora oggi possibile produrre degli album di grande livello senza però risultare stucchevoli, o tantomeno artefatti. Quando c’è sensibilità, quando c’è passione, il risultato è per forza di cose strepitoso. E “In Mine” convince anche per questo motivo. Siamo di fronte a un prodotto di spessore, questo è certo.
Articolo del
25/05/2012 -
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