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Dopo una gestazione abbastanza travagliata e convulsa (non tanto dal punto di vista creativo, quanto sotto l’aspetto organizzativo), ha finalmente visto la luce il nuovo disco dei Post, quartetto indie piemontese attivo da oltre un decennio. “Fakes From Another Place”, pubblicato da La Voce Del Gregge, arriva a quasi cinque anni di distanza dalla precedente raccolta d’inediti intitolata “Nulla Da Decidere”. Un ritorno importante quello dei Post, soprattutto perché questo album segna un cambio di rotta non indifferente in chiave stilistica. Il passaggio da un registro lirico all’altro (nel loro caso dall’italiano all’inglese), non è mai una cosa di poco conto. La scelta di esprimersi in lingua britannica comporta un generale, quanto inevitabile, riassestamento che non sempre finisce col rivelarsi efficiente, sensazionale. E’ semplice, ad esempio, perdere colpi in fatto di personalità. Questo perché indubbiamente l’italiano, rispetto al taglio anglosassone, consente di stagliarsi con maggiore immediatezza. Ma è pur vero che una lingua come la nostra rischia, per certi versi, di sbarrare automaticamente numerose strade: proprio quello che Gio Franco e soci volevano evitare. Del resto le canzoni racchiuse nella loro ultima fatica discografica sono nate con l’auspicio di essere proposte anche e soprattutto fuori dai confini nazionali. Probabilmente, senza questa prerogativa, “Fakes From Another Place” avrebbe preso tutta un’altra piega. La composizione dei brani, che, tutto sommato, si è rivelata fluida e incalzante, è stata preceduta da un periodo di accurate riflessioni da parte del gruppo, voglioso di misurarsi con altre realtà, con altri bacini d’utenza, possibilmente europei. Con un intento di questo tipo i Post sono entrati in studio nell’estate del 2009 per incidere il materiale accumulato durante la fase di scrittura. Anche questa volta le recording sessions sono state supervisionate dal fidato amico Davide Tomat, già al loro fianco durante le incisioni di “Nulla Da Decidere”. Quando poi, nella primavera del 2010, il lavoro sembrava ultimato, una serie di concause ha improvvisamente rallentato il work in progress. Non è un caso che i missaggi, effettuati da Maurizio Borgna in quel di Berlino, siano stati completati solo nell’ultima parte del 2011. Insomma: un disco che non vedeva l’ora di uscire e che ha dovuto fare i conti con numerosi rinvii forse evitabili ma, prima di tutto, sfiancanti, specialmente per i diretti interessati, desiderosi di proporre in fretta il nuovo repertorio al proprio pubblico e agli addetti ai lavori. Al di là di tutto, cosa c’è dentro “Fakes From Another Place”? Tante contaminazioni sonore. E quasi tutte caratterizzate da un’evidente impronta brit. Si scorgono chiari rimandi alla wave, al post-punk degli anni d’oro. Una wave intrisa però di notevoli echi indie e, di conseguenza, moderni, almeno nelle intenzioni. C’è una giusta alternanza di pezzi spediti, come le iniziali Absent Life e Release The Catch (piuttosto che Overlooking), e di altri maggiormente intensi, nonché ispirati. Si pensi, in tal senso, alla conclusiva Non Mi Confondere. E’ una traccia morbida e ben sviluppata, il cui titolo però non deve ingannare: non si tratta infatti di una take in italiano. D’altronde sarebbe stato insensato tornare, anche se per un solo episodio, indietro. Ormai i Post hanno voltato pagina con decisione, magari senza fare un salto di qualità irresistibile. Ma di certo, la loro, è stata una scelta ponderata a lungo. E quando ci sono convinzione e sicurezza vuol dire che si è già a buon punto. Ora starà al pubblico farci l’orecchio per valutare, per capire se valeva davvero la pena mischiare in modo così radicale le carte. Secondo noi, non molto. In ogni caso, vedremo se con le prossime pubblicazioni si riuscirà a contemplare una maggiore efficacia, quella che in “Fakes From Another Place” si fatica a rintracciare. Poco suggestivi insomma. Spunti interessanti ma, nel complesso, nulla di sorprendente. Da rivedere.
Articolo del
11/06/2012 -
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