Daisy Chains Donors Ep 2012 Rocketman Records di Arianna Mossali

E chi li ferma più Carlo Pinchetti e i suoi Daisy Chains: terzo album in meno di quattro anni e una nuova trasformazione del loro sound, dopo quella dark e melodica già proposta in “A Story Has No Beginning Or End”. Il distacco da quel romantico indie rock crepuscolare, unito ai cambiamenti avvenuti nella formazione, porta i Daisy Chains ad affrontare con più decisione l’argomento noise/grunge, da sempre una fondamentale, anche se mai del tutto dichiarata, influenza per la band bergamasca.
Nessun pregiudizio contro i ‘90s e tutto ciò che, musicalmente parlando, ha portato ad essi, si capisce; però forse dietro la resistenza dei Daisy Chains ad esplorare questa direzione c’è sempre stato un comprensibile timore di diventare una delle tante band che ripropongono lo stesso genere senza il minimo sforzo interpretativo. Ma ormai sappiamo che l’inventiva non fa difetto ai ‘Pinchetti Boys’, e quindi eccoli sfornare la loro originalissima versione del sound made in Seattle con tocchi mod e new wave che lo rendono ancora più particolare. Niente Nirvana né Pearl Jam, nessuna rabbia adolescenziale transgenerazionale, qui ci sono le band “da grandi”, dai Joy Division ai Dinosaur Jr. fino ai Charlatans (questi ultimi riconoscibilissimi in Shame).
Tra le 5 tracce dell’EP, a catturare subito l’attenzione è il primo singolo, Second Rate Teen, un amaro quadretto “melodic-noise” che però non rende molto l’idea della nuova ricerca musicale intrapresa dai Daisy Chains: più esplicite, a questo riguardo, sono Cut e Donors, in cui l’ampio uso degli accordi minori e di chitarre tendenzialmente fuori fase crea brani tirati ed ipnotici, senza rinunciare alla parte melodica.
Non possiamo che prendere atto che siamo di fronte a una band eclettica, sempre pronta a mettersi in gioco, sperimentando nuove soluzioni musicali sempre con grande perizia e personalità.