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Questa volta gli Arctic Plateau hanno fatto davvero centro. Il loro secondo album, ”The Enemy Inside”, è il sunto perfetto della più varia commistione di generi, dallo shoegaze al post-rock, fino a toccare l’Alt-rock e il post-metal, estremamente suggestivo e coinvolgente. Meno prolisso del precedente lavoro (“On A Sad Sunny Day”), questa opera seconda esalta sapientemente tutta la creatività di cui è capace Divirgilio, dote del resto apprezzata dalla label tedesca Prophecy che non si è lasciata sfuggire il nostro songwriter. La band ci catapulta in medias res con Music’s Like, che già ci fa assaporare l’estrema qualità del disco cullandoci con dolci movimenti di chitarra e stimolandoci la memoria, in un riaffiorare di fotogrammi e ricordi. I suoni sono sicuramente molto lontani dalla tradizione italiana ed evocano quelli appartenenti ad altre band ormai affermate tra cui The Cure, Interpol e perché no, anche i primi Radiohead. Ma questo non dispiace affatto, anzi, sottolinea il vasto panorama musicale metabolizzato dall’autore, passaggio obbligato per ogni musicista. Particolarmente degna di nota la denuncia pungente di Idiot Adult e Abuse, dove si glorifica la semplicità dell’infanzia, spesso denigrata, rispetto alla crudeltà e alla violenza tipica del mondo adulto, che mostra e distrugge ogni spensieratezza. La rabbia che nelle prime tracce è ben nascosta e velata si propone poi con prepotenza a metà della title-track The Enemy Inside, brano falciato da sonorità black metal e dagli harsh vocals di Carmelo Orlando dei Novembre. Qui il “nemico”, il demone che ognuno custodisce gelosamente dentro di sé, prepara lentamente la battaglia, indossa l’armatura e sale cavallo delle fragilità umane, scarnificando l’animo del suo custode fino a manifestarsi con una violenza invincibile e irrefrenabile. Con il settimo brano invece il ritmo del disco rallenta e percorre giustamente una strada in discesa, con toni più pacati. Infatti Melancholy Is Not Only for Soldiers apparecchia gli animi ad un’analisi intimistica e profonda, sollecitata dagli accordi minimal ed essenziali di chitarre e tastiera. L’atmosfera prevalentemente cupa si rende più eterea e rilassata in Loss And Love, merito anche del contributo del leader dei Les Discrets, Fursy Teyssier, che ha accettato di prestare la propria voce al brano. Divirgilio ci congeda con uno straordinario brano strumentale, Trentasette, capace di avvolgerti in un turbine di suoni distorti e che ricorda molto “Souvenirs D’un Autre Monde” degli Alcest, ma meno maledetto. In definitiva The Enemy Inside presenta undici tracce consapevoli, senza sbavature, senza indecisioni, dove ogni brano ha un senso e nessun suono è lasciato al caso. Gli Arctic Plateau stravincono davvero su tutte le recenti proposte del panorama musicale e ne sentiremo parlare a lungo, questo è certo.
Articolo del
13/06/2012 -
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