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The R’s
Empire Mickey
2012
Foolica records
di
Marzia Picciano
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Se Kasabian, The Black Keys o Blur fossero stati italianissimi (ma avessero continuato a cantare in inglese, n. b.) probabilmente sarebbero stati della provincia di Brescia e si sarebbero chiamati The Record’s, o meglio The R’s. E probabilmente avrebbero creato un Ep di appena cinque tracks che altri non è, in pochissime parole, se non un’esplosione di tutto quello che il moderno mondo dell’alternative rock british oltremanica e oltreoceano possa condensare in un piccolo ordigno esplosivo da barricata. Reduci da positivie esperienze oltreoceano, i tre nordici si sono lanciati nella produzione di questo sorprendente prodotto nostrano. Si, sorprendente è la parola adatta. ”Empire Mickey” è un po’ come una di quelle bombe carta – vetro da lasciar detonare e distruggere la barriera del nostro scetticismo musicale e non solo. E’ un disco da mettere su nella radio della tua vecchia Passat mentre ti metti in viaggio per tornare dai tuoi, una musica di sottofondo che circonda sornione ed un po’ beffarda il ritorno alle origini. Senza skippare da un pezzo all’altro, che sono solo cinque, e non possiamo rovinarci il viaggio. I The R’s hanno l’encomiabile capacità di sintetizzare in un numero ridotto di brani una quantità di moods e vibes assolutamente eccezionali (ed eccezionale è la loro combinazione), sed etiam (direbbero i nostri avi latini) lasciano che ogni singolo pezzo possa mettersi sulla sua personalissima Route 66 e s’incammini verso altri scenari. Come piccoli Listz virtuosi, se Unkind comincia come un motivetto leggermente sulla falsa riga di un brano beatlesiano, finisce per aprirsi in una risonanza dal sapore Black Lips. Brainwaves è modulata interamente su percussionismi alla White Stripes, mentre Jo è un pezzo degno di essere scritto ed eseguito da Meighan e soci. Pictures On The Water invece contiene la stessa ironia carnevalesca e allucinata di una storia di Stg Peppers Lonely Hearts Club al ritmo dei Vampire Weekend di Contra. Ogni pezzo è una scarica a sé stante, un bagaglio culturale ben assimilato e ben orchestrato. Poco cambia rispetto ai precedenti lavori, se non la verve e lo stile ancora più retrò: come bravi surfisti, i The Records solcano l’onda grande del trend momentaneo e lo fanno loro. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole; ma per lo meno si tratta di una produzione accorta e assolutamente ben reinterpretata - seppur con un certo manierismo che solo chi sa d’esser figlio di menti grandi mantiene, e con un tanto di computo rispetto. Ma del resto, il vintage va ancora alla grande.
Articolo del
23/06/2012 -
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