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Verbal
Verbal
2012
Neverlab
di
Giuseppe Celano
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I Verbal sono cinque bergamaschi che per questo omonimo disco d’esordio producono sei brani strumentali mischiando post-rock progressivo con tendenze math. Le tracce sono appese a un filo in titanio la cui anima è geometricamente perfetta ma viene addobbata da una potente ricerca sperimentale. Fanno del rumore i “nostri”, rumore bianco si potrebbe dire, platealmente sporcato da suoni noise. Il loro sound è pulito e leggermente progressivo, i brani si sviluppano su trame dritte che man mano s’arricchiscono di elementi cangianti, le atmosfere sono simili per tutta la durata di questo viaggio. Chitarre dal rifferama muscolare ben piantato a terra suppliscono alla mancanza della voce non prevista, o almeno non nella forma del canto. In due brani, Coronado e Orwell, appare una specie di spoken word in distorsione. Preferiscono affidarsi alle melodie intarsiate dalle sei corde e dal basso che si affianca al resto della sezione ritmica. Potrebbero ricordare varie band fra cui Long Distance Calling e, pur mantenendo le debite distanze, si potrebbero accostare agli Shellac per l’uso che fanno del basso. Va da sé che queste composizioni, se suonate dal vivo, potrebbero allungarsi in una serie infinita di ghirigori e avvitamenti, mentre su disco la scelta di non cadere nella trappola della lungaggini è apprezzabile. A fine corsa inevitabili problemi di prevedibilità affiorano, la sensazione di stanchezza fa capolino, si fa fatica a ricordare il leit motiv dei brani, non di tutti certo. Ma siamo di fronte ad un’opera prima signori, a mio modesto avviso, passa la prova discretamente, quindi godetevi il loro parto senza tante doglie mentali.
Articolo del
23/10/2012 -
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