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Bello, bellissimo, corroborante, scatenato: al grido di “Portate l’ombrello perché Diluve”, la scalmanata band toscana è pronta ad abbattersi con ciclonica veemenza su questa melanconica e autunnale Italia neomelodica, con “What The Hell…!?!”, naturale evoluzione dell’EP “What the Hell Is Diluve??” Fin dal titolo è evidente l’ironia, brandita a mo’ di arma impropria in questa pepatissima proposta musicale; ma occhio a non etichettare i Diluve come la solita band demenzial-ridanciana per teenager senza tanta voglia di paranoie. Il loro bruciante umorismo, infatti, attizza ulteriormente un ottimo hardcore punk dai fulminei guizzi thrash metal. Gli Anthrax in overdose di caffeina potrebbero suonare più o meno così, il che, ovviamente, ci piace, ci piace assai. Confermata la maggior parte della formazione che aveva preso parte all’EP, salvo l’avvicendamento al microfono, dove Andrea Volpi prende il posto di Niccolò Riccomi, offrendo una performance vocale dall’impostazione più classica, i Diluve hanno sviluppato una grande capacità di coniugare la goliardia e la leggerezza dei testi con un’eccellente tecnica. Resta ancora qual cosina da sistemare, soprattutto nei refrain dove resiste qualche soluzione un po’ scolastica, ma il risultato nel complesso è fuori dal comune. The King’s Rising, intro strumentale che chiarisce subito che non abbiamo a che fare con dei dilettanti, prepara il terreno al successivo bombardamento di decibel, che inizia con Storm Attacks, prosegue con l’irresistibile Victim of Venereal (da seguire anche il testo, Imperdibile!!!), che include anche parti virtuosistiche che non lasceranno indifferenti neanche i patiti della tecnica; ma c’è poco tempo per riprendere fiato, infatti I Got All, vecchio cavallo di battaglia della band, rilancia il fuoco incrociato tra i riff di Riccomi e quelli di Paolo Olivieri. Passando per Heavy Machine Gun arriviamo a Fatechild, traccia dai connotati classici, heavy come il Dio Metallo comanda. A Sign from Above ha echi più epic-power e riflessivi, come pure la conclusiva Scarecrows (Guardians of Hellfield). L’apice arriva però con la title track: tiratissima, potente, scattante, tutto bellissimo, ma la vera “firma” sono quei 10 secondi di quadriglia messicana, del tutto fuori contesto, a 3\4 del pezzo, così, tanto per ridere: non c’entrano nulla, ma ci si incastrano talmente bene (come il ripetuto “Thank you” su Heavy Machine Gun) che ti viene da pensare che chi li ha messi lì può essere solo uno stramaledetto genio. Ecco, questi sono i Diluve. E, come ciliegina sulla torta, apprendiamo che sono particolarmente apprezzati in Germania, dove hanno suonato già diverse volte facendo letteralmente impazzire il pubblico. Ecco come riusciamo a farci scappare i gruppi che valgono il prezzo del biglietto. This is Italy: dopo la fuga dei cervelli, la fuga delle band.
Articolo del
04/11/2012 -
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