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È il 2006 l’anno che segna la nascita dei Telesplash, giovane quartetto toscano composto dal cantante – nonché chitarrista – Marco Rossi, dal solista Ettore Cencini e completato da una sezione ritmica che vede Guglielmo Calafiore al basso e Salvatore Cauteruccio alla batteria. Nel 2009 vede la luce “Forever Tonight”, Ep pubblicato per la Forears e contraddistinto dalla presenza di una manciata di tracce in lingua inglese, leggere e di chiara matrice pop. L’anno successivo è la volta di “Bar Milano”, primo album vero e proprio che segna anche un netto cambio di registro espressivo: le canzoni del disco denotano infatti la presenza di testi in italiano. A restare pressoché simile è invece l’impronta stilistica: anche stavolta ad essere perseguito è l’easy listening. Il disco, seppur non del tutto entusiasmante, riceve una discreta visibilità, specialmente nel panorama indipendente nostrano. Il biennio successivo vede poi la band impegnata su due fronti: da parte si registra una costante attività live che permette ai Telesplash di far girare il proprio nome e, quindi, di ampliare il proprio bacino d’utenza; dall’altra non sembra invece arrestarsi un incessante processo di scrittura che induce il gruppo a prendere in considerazione l’idea di tornare quanto prima in studio. Le nuove incisioni vengono effettuate nei primi mesi del 2012 a Firenze. Il risultato finale è “Motel Paradiso”, secondo Lp dato alle stampe lo scorso 17 settembre. Nove i pezzi inediti presenti in un disco che, per l’ennesima volta, mantiene intatto un piglio alquanto pop, tanto nelle sfaccettature quanto nell’atteggiamento e nelle dinamiche. Determinate incursioni elettriche rendono abbastanza rockeggianti alcuni episodi del cd: è il caso, ad esempio, sia de L’Eclissi Solare (fresca, frizzante e dai rimandi vagamente baustelliani), sia de Il Muro, pezzo che va a chiudere il tutto. A dare più colore ci sono senza dubbio i fiati, preponderanti ed opportuni in brani comunque poco ambiziosi: si pensi ad Affogare, Il Giovane Addio, Senza Volere e Lacrime In Eccesso. Seppur pregevoli, tali apporti strumentali non riescono tuttavia a mascherare i limiti di una raccolta senza dubbio graziosa ma, tutto sommato, carente a livello di spessore, profondità, sperimentazione. Anche se queste ultime due peculiarità (profondità e sperimentazione appunto) non sono mai state alla base della filosofia artistica del gruppo, è innegabile come le nove canzoni in scaletta appaiano a dir poco deludenti in fatto di contenuti, costruzione, eleganza, raffinatezza e ricerca sonora. Non convince quasi per nulla la poetica, a tratti eccessivamente scanzonata e prevedibile, per nulla in grado di stupire, nemmeno quando si abbandonano le tematiche sentimentali per lasciare spazio ad aperture diverse. Insomma: è il marchio di fabbrica che ancora una volta lascia a desiderare, se non altro per il fatto che non si avverta minimamente una crescita, un salto di qualità che, con due produzioni alle spalle, avrebbe dovuto finalmente palesarsi in questo terzo appello. Riascoltando a più riprese l’album – e confrontandolo con le precedenti fatiche discografiche – si avverte quanto i margini di miglioramento siano tuttora ampi. Ma è il caso che i Telesplash comincino a rendere più mature non soltanto le liriche, ma anche le musiche. Si può pure perseguire e sviluppare per una carriera intera il pop (rock), a patto però che si abbia la giusta sensibilità che possa consentire di manipolarlo a dovere o, se non altro, di renderlo meno stereotipato possibile. Stagliarsi: questo deve essere l’imperativo per un progetto musicale al giorno d’oggi, a prescindere dal genere che si tenta di sviluppare. Se la band non riuscirà a capire come rendere maggiormente ammaliante il proprio stile difficilmente potrà riuscire a conquistare la fiducia, il rispetto da parte della critica e di quella fetta di ascoltatori più esigenti. Serve dunque un sacrosanto cambio di marcia. Al momento la proposta continua a non essere all’altezza.
Articolo del
17/11/2012 -
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