|
Interamente autoprodotto, “Elegy” è il nuovo disco che il musicista romano Andrea Capanna, da molti addetti ai lavori conosciuto con lo pseudonimo di Acrobat, ha pubblicato nel corso del 2012. Si tratta di un progetto curioso, frutto di circa due anni di meticolosa scrittura, suonato, curato, assemblato ed ultimato in ogni minimo dettaglio dall’autore stesso. Un album anche abbastanza corto in quanto composto da sole otto tracce. Perché curioso? Perché in effetti “Elegy” denota chiaramente, fin da subito, connotazioni sonore sintetiche d’altri tempi. Nei ventotto minuti complessivi di durata sembra quindi di fare un salto indietro di circa un trentennio: elementi elettronici, ricolmi di venature pop e wave, campionamenti, voci effettate e qualche chitarra elettrica sparsa qua e là pervadono il tutto. Il cantato in inglese, il taglio dance di matrice britannica e le atmosfere decisamente notturne fanno il resto. E così il risultato è quello di un lavoro fortemente nostalgico, immerso nel passato, esemplare sia nell’esecuzione che negli arrangiamenti, data proprio la completa aderenza nei confronti di una precisa corrente musicale tardo novecentesca qui perfettamente rievocata.
Al tempo stesso, però, è inevitabile che “Elegy” finisca con il mettere in luce dei limiti evidentissimi. Del resto i pezzi in scaletta, nonostante discrete strutture e piacevoli suoni, non contengono alcun espediente innovativo, in grado cioè di caratterizzare un minimo una produzione comunque gradevole, ascoltabilissima, nonché accessibile a chiunque. Ed è per questo che, tutto sommato non riesce a catturare e a sorprendere: in parole povere non spicca, non ha le peculiarità opportune per fare il cosiddetto “salto di qualità”. Se Capanna, in ogni caso molto astuto e paziente nel fornire un’indiscutibile coerenza stilistica alla raccolta, avesse cercato di avvalersi di maggiori contaminazioni, sarebbe venuto fuori un Lp senz’altro meno prevedibile e piatto. Queste sono perciò le critiche che ci sentiamo di muovere nei confronti di un disco che soddisferà certamente i gusti di quegli ascoltatori ancora oggi assetati di wave in vecchio stile, ma che, alla lunga, non riuscirà a suscitare un minimo di interesse verso quelli più esigenti, per indole e istinto volenterosi di trovare sempre un qualcosa di innovativo, inaudito dentro ad un disco d’inediti.
Concludendo: il classico album che non sarà mai in grado di mettere d’accordo tutti, anche perché, con molta probabilità, ciò non era nemmeno uno degli obiettivi di partenza del compositore. Al di là di questo, è giusto però rispettare le scelte artistiche di Capanna, il quale avrà certamente avuto i suoi buoni motivi per non rendere troppo moderni i componimenti inediti racchiusi in “Elegy”. Ha seguito l’istinto. Ha assecondato i suoi gusti personali, cercando di proporre qualcosa che fosse in grado di rappresentare una grossa fetta del proprio background musicale. Come dargli torto?
Articolo del
02/01/2013 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|