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Se già vagabondate abitualmente per gli impervi, ma sempre suggestivi, sentieri del rock, la dicitura “Wild Child” vi avrà certamente fatto suonare più di un campanello: titolo di un singolo di successo di Iggy Pop, e di altri, meno conosciuti ma altrettanto importanti, dei Doors e degli W.A.S.P., nonché soprannome di Alexi Laiho dei Children Of Bodom, la figura del “ragazzo selvaggio” sembra avere una sua intramontabile valenza iconografica nel mondo del rock e del metal. E non è escluso che questa portata simbolica sia destinata a crescere ulteriormente, grazie per esempio a un’ottima band valchiavennasca nata nel 2004, dal 2007 dedita alla composizione di brani propri, e oggi finalmente giunta alla pubblicazione del secondo lavoro dopo “In The Next Life”. Che i nostri siano nati come cover band di Black Sabbath e Judas Priest, si sente e non ci dispiace affatto: il sound dei The Wild Child è uno splendente heavy metal 'old school’, tempestato di assolo stupefacenti firmati da Mark Gilardoni, autore anche di una valanga di riff taglienti ma ben calibrati, a partire dalla title track. Grandiosa la performance del frontman Cris, la cui voce si modella di volta in volta su cattivissimi acuti alla Tom Araya o su sofferti rantoli che ricordano Ozzy Osbourne in “Black Sabbath”, più sulfureo che mai. Confusion fa molto affidamento sulla parte strumentale, qui meno adrenalinica ma pur sempre pregevole, così pure Mofo che fa emergere anche le capacità tecniche del drummer Endriu. Fascinose suggestioni proto-doom nella bella e penetrante The Last Battle, in cui le atmosfere tipiche della corrente gotica punteggiano abilmente parti strumentali cupe e tirate. Fuckin' Money è una convincente e spregiudicata traccia hard rock dove l’immancabile assolo è affidato al basso di Paolo “Paul” Gilardoni. Con la dolcissima Mother's Eye i The Wild Child si cimentano anche nella power ballad, riuscendo a meraviglia nell’intento. In The Ghost ritornano i metallari luciferini e sanguigni e la voce di Cris sfiora addirittura il grow. La suite conclusiva Cris's Song include un po’ tutti i generi fin qui esplorati dalla band, dando spazio anche a una parte recitativa che valorizza molto il pathos del brano. E’ evidente che questi ragazzi dell’Alto Lario, seguendo le orme di Black Sabbath e Pentagram, hanno trovato un modo originale di esprimersi, mantenendo l’essenzialità e la pulizia dell’heavy primigenio, e contemporaneamente concedendosi qualche deviazioni nelle crepuscolari impressioni visive del doom-gothic. Davvero non gli si poteva chiedere di più!
Articolo del
22/01/2013 -
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