The Charlestones Off the Beat 2012 Moscow di Daniele Bagnol

Premi distrattamente il tasto play mentre sei sommerso da altri pensieri giornalieri, e di colpo tutto passa in automatico in secondo piano: perché già la traccia di apertura “Off the Beat” ti fa balzare sulla sedia di fronte la scrivania e ti fa perdere la cognizione del tempo per un totale di una mezz’oretta e qualche manciata di spicci.
I The Charlestones sono così, si era capito già dall’esordio a lunga distanza di “Out From The Blue” e se ne ha conferma con questo secondo disco. E sono bravi per questo, perché giocano col pop a presa rapida senza semplificazioni ma con ottima cognizione di causa. Divertono, si arrampicano sulle pareti del brit pop radiofonico come esperti sherpa, rinfrescano il viso con quel mood frizzante che è marchio di fabbrica e cuciono melodie rotonde che superano la media delle band italiane del genere. Senza contare poi che si tratta di una band molto giovane ma che suona come se fosse consumata: quattro sbarbatelli da Tolmezzo, che potrebbe benissimo trovarsi in provincia di Brighton.
Da un lato infatti strizzano un occhio a influenze oltremanica in pieni anni ’90 (tra Oasis, Pulp, Suede e Las su tutti) sbilanciandosi anche verso atmosfere sixties, dall’altro fanno piedino a band del nuovo millennio che hanno proseguito sulla stessa rotta, e qui i nomi da marcare diventano Arctic Monkeys ma soprattutto Kooks: e di questi ultimi riprendono essenzialmente l’atmosfera a cavallo tra l’adolescenziale ed il post, riuscendo però a non risultare melensi sul lungo intervallo come invece la band albionica ha dimostrato.
In questo “Off The Beat” gli ingredienti ci sono tutti con quantità giuste, costruzioni ritmiche di livello comprese: colla vinilica in quantità abbondanti su brani d’impatto come il singolo She Was a Firework o l’apertura omonima Off the Beat, ventate californiane in The Clue, intrecci orchestrali su melodie pop in Eager Beaver e Reprise.
Complimenti ai Charlestones.