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Qualcosa di minaccioso s’avvicina, sospinto dalle prime note di Pulse opener di ”Pneumologic”. L’opera prima, se escludiamo i due precedenti demo, degli Ornaments non è qualcosa di ben definito, quindi inquietante. Con il passare dei secondi si trasforma come un agente patogeno prodotto in laboratorio la cui caratteristica principale è la continua mutazione. Alessandro Zanotti e Davide Gherardi (The Death Of Anna Karina), Enrico Baraldi (Nicker Hill Orchestra) e Riccardo Bringhenti (Workout, Ungar Trio, Welch, 7 Note In Nero) hanno pensato bene di frullare alcune spigolose sonorità degli Isis mischiandole ai droni oscuri dei Sunn O))) che flirtano con le linee strutturali del miglior post rock. La violenza deflagrante della distorsione è presto placata da alcune discese in abissi freddi e bui, il dolore cala lentamente ma la tensione rimane alta. Si respira a fatica, il debito d’ossigeno mette in difficoltà il cervello che a sua volta non permette agli occhi di focalizzare il proprio avversario (Breath). Ci sono voluti sei anni di pazienza, ricerca e scelta dei suoni per dar vita a questa creatura proteiforme.
Gli Ornaments sono tribali quanto basta, hanno strutture matematiche ma non per questo semplici da quadrare. Risuonano oscuri e cavernosi, forti di un rifferama ellittico e soluzioni melodiche ossessive. Fatta propria l’esperienza dei Neurosis, i quattro dipingono la nuda tela con chiaro scuri magnetici, l’andamento maestoso e il flusso magmatico creano saliscendi emozionali da brivido, la cui caratteristica principale è la liquidità. Sebbene siano facilmente inquadrabili, e non apportino nessuna innovazione davvero degna di nota, gli Ornaments hanno idee chiare, sanno cosa vogliono, come ottenerlo e suonano egregiamente. Slegandovi per un momento dall’aspetto prettamente musicale, che conoscerete benissimo, per comprendere questo lavoro bisogna che vi soffermiate sulle atmosfere dolenti, sull’importanza del respiro che qui arranca, l’ossigeno passa a fatica attraverso la trachea e arriva impuro ai polmoni, pregno di questo dolore nero pece.
Il risultato è l’astenia, i muscoli s’induriscono, il sistema nervoso è teso come un ponte fra due gole rocciose. “Pneumologic”, se si escludono le due parentesi con Silvia Donati e Tommy dei Concrete alle voci, è un disco strumentale di sei brani dilatati, che deve molto ai suoi mentori ma che mostra una propria identità uscita indenne dal processo di assimilazione. Riff esplosivi, arpeggi lenti, fluttuazioni melliflue e strutture granitiche sono le caratteristiche fondamentali di questo lavoro che si scava, nella stessa roccia di cui è composto, una teca da cui si lascia amabilmente osservare.
Articolo del
06/02/2013 -
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