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I Sintomi di Gioia sono Luca Grossi e Fausto Franchini, alessandrini qui al loro secondo album ufficiale e dopo più di dieci anni di carriera, accompagnati dalla direzione artistica, e alla batteria, di Umberto Giardini dei Moltheni. In questo album i due abbandonano, per loro stessa dichiarazione, l'attitudine rock delle prove precedenti per un approccio più consapevole, più melodico e musicale. Dal risultato non sembra però essere stata un'idea troppo vincente: il disco è sì molto curato, sentito a tratti e in alcuni episodi anche ispirato, ma manca di mordente, di un po' di spirito, forza. Sembra il tema fatto in classe dal secchione di turno che è sì molto buono ma che manca di spunti veri, del pizzico di genio e follia. Non mancano comunque le cose positive: gli amanti del genere apprezzeranno la delicata melodia e le parole delicate e sussurate di Di Blu e Ordine, o il fraseggio di piano in Varietà. Melodie che si rifanno quindi alla tradizione della canzone italiana, con qualche accenno di sperimentazione e novità, ma non troppo riuscite a dir la verità, con testi a volte surreali e evocativi, altre volte più concreti e ben armonizzati fra le esperienze personali e quelle sociali di più ampio respiro. Personalmente mi piace molto la melodia acida di Balcone (indie con i piedi nel classico, una definizione perfetta dalla cartella stampa). Note a margine, parlando di cartella stampa: a chi l'ha scritta e ci ha buttato dentro Ultimo Tango a Parigi, Lost in Traslation, Moretti, Tenco, Gino Paoli, Capossela, Beatles e Flaming Lips, non gli è sembrato di esagerare un po'?
Articolo del
04/03/2013 -
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