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Nome eloquente per l'album di debutto del duo Il Veleno Del Popolo: “Il Primo”, niente più, niente meno. Questa band catanese, formatasi nel 2010, arriva alla pubblicazione del suddetto full-length due anni dopo, in seguito ad una serie di concerti fortunati sia nella nostra penisola che in alcune importanti città europee. Essenziale è il messaggio dei loro brani, essenziale è la struttura dell'album, essenziale è la formazione del gruppo: Antonio Scafidi, voce e chitarra, Marco Barbera, batteria. Otto brani, tutti acidi, diretti, impregnati di noise, di punk, di attitudine da strada, o da garage da primi anni '90...arpeggi disarmonici, batteria sporca, voce tirata al limite dello strillo: tanta frustrazione, un disgusto al limite dell'ira, voglia matta di urlare a squarciagola il proprio disagio, in attesa di un imminente cambiamento. Originale ed enigmatica (almeno per il sottoscritto) la sequenza dei titoli dei pezzi che si susseguono nei circa quaranta minuti di ascolto: L'Uno, Il Quattro, Il Cinque, Il Nove, Il Dieci, L'Undici, Il Dodici e Il Tredici. La partenza è discreta: un riff potente dà sostegno ad un brano il cui stile è già esemplificativo di tutto ciò che l'album avrà da offrire. Seguono due pezzi deboli, ripetitivi. Sorge il timore di trovarsi di fronte ad un prodotto deludente, pur nella sua carica eversiva. Fortunatamente dalla quarta traccia in poi il livello sale: gli arpeggi si fanno più coinvolgenti, il cantato prova a variare le sue soluzioni, la batteria sembra più convinta. Si arriva così all'ottimo quinto brano, unico strumentale di tutto il cd. Adrenalinico e trascinante al punto giusto, ottimo preludio per la sesta traccia, L'Undici, senza dubbio il miglior pezzo dell'album, col suo inizio intimista e blueseggiante, che sfocia in una crescente insofferenza, ma contenuta e meno incontrollabile rispetto alle canzoni precedenti. Chiudono degnamente questa prima fatica discografica Il Dodici e Il Tredici, unici due brani in italiano, strettamente legati tra loro per tema musicale e testuale. Nel complesso dunque “Il Primo” risulta un album sufficiente, anche se questa spasmodica ricerca di essenzialità, pur ricordandoci che è possibile far musica con poco se si ha un genio creativo, enfatizza tuttavia l'importanza di un supporto sonoro più consistente in questo genere. In altre parole: God bless the bass players!
Articolo del
11/03/2013 -
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