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Risale al primo marzo scorso la pubblicazione de ”L’Oceano Quieto”, il nuovo disco realizzato da Il Buio e ideale seguito delle prime due produzioni rilasciate rispettivamente nel 2010 e nel 2011. Pubblicato per Autunno Dischi, label indipendente fondata dalla band stessa, l’album è distribuito da To Lose La Track e Audioglobe. “L’Oceano Quieto” è una raccolta di canzoni inedite assolutamente elettrica, tagliente, tirata. Un lavoro, quello partorito dalle menti dei cinque componenti del progetto veneto, assai accattivante non solo per quel che concerne le musiche e i suoni, ma anche e soprattutto per l’approccio generale, per il cantato, per lo spirito, per gli arrangiamenti e poi, in definitiva, per i testi. Si sa che nel proporre del rock in italiano il rischio di risultare evanescenti, banali, prevedibili e poco incisivi è sempre dietro l’angolo. Eppure, grazie a delle pregevoli intuizioni stilistiche e a delle azzeccate allusioni sonore ad un post-hardcore statunitense in bilico fra At The Drive-In e Fugazi, Il Buio riesce a convincere e a disimpegnarsi piuttosto bene. “L’Oceano Quieto” denota infatti estrema sincerità: si sente come alla base ci sia stata una considerevole abnegazione, una forte determinazione in fase di scrittura e poi, in fin dei conti, il desiderio di lasciarsi andare per assecondare i propri istinti musicali, le proprie esigenze artistiche. E bisogna dire che il merito del gruppo, che a questo disco ha lavorato per circa due anni (anche se poi gran parte del materiale è stato scritto nei tre mesi che hanno preceduto l’ingresso in studio), risiede soprattutto in una non indifferente capacità di saper unire alla ruvidità delle chitarre elettriche delle liriche molto interessanti, ben assestate, incastonate con perizia, e dalla grande capacità comunicativa.
Sono diversi i brani trascinanti e validi all’interno della raccolta, registrata nel luglio 2012 da Mojomatt Bordin e Nene Baratto all’Outside Inside Studio di Montebelluna e missata poi da Maurizio Baggio all’Hate Studio di Rosà: dall’accoppiata iniziale caratterizzata da Parole Alla Polvere e Marionette alla più articolata Via Dalla Realtà, 7, passando per Edoné: Il Clochard fino ad arrivare a Naufraghi E Viandanti. Tutti pezzi d’impatto, dirompenti, quelli appena citati. Pezzi con degli intrecci chitarristici alquanto acidognoli e rumoreggianti che, in più di un’occasione, finiscono per ricordare – sempre per restare in ambito musicale italiano – quelli con cui Gionata Mirai è solito infarcire i brani de Il Teatro Degli Orrori, specialmente per via delle dinamiche così ficcanti e rapide. E del resto è in episodi di questo tipo che la band sembra dare il meglio, risultando a proprio agio. Insomma: un disco onesto e pragmatico verrebbe da dire, con poche sbavature e tanti momenti concitati, nonché intensi e convincenti. Un disco potente che ha il merito di suonare in maniera discreta e che finisce per palesare anche delle opportune connotazioni punk. Cosa, questa, che non guasta mai.
Articolo del
18/04/2013 -
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