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I Blood In Venice sono un trio composto da Matteo Siddi (voce), Alessandro Picciau (batteria) e Henrik Rangstrup (chitarra). Due italiani, sardi per la precisione, e un danese. L'accostamento di culture musicali, e non solo, così diverse potrebbe suonare, ai più, come azzardato. Invece, il trio, grazie anche a una precedente esperienza come Muse The Tribute, ha saputo rodare i propri strumenti e le proprie particolarità per trovare un punto d'incontro tra due realtà così eterogenee. Inoltre, i membri del trio, hanno passato anni a suonare, in diverse formazioni, in un gran numero di tour internazionali accumulando una notevole esperienza. I Blood in Venice nascono, come band, nel tardo 2011. Il loro esordio va ricondotto a “Let The Drama Begin”, mini cd che anticipa, già dal titolo, quelle che sono le caratteristiche tematiche del trio. Il loro viene definito un ‘rock moderno con un tocco di vintage’. In effetti, ascoltando il loro nuovo Ep, ”The Dancefloor Assassin”, sebbene sia un lavoro più vicino alle sonorità pop, è evidente come i tre abbiamo scritto e arrangiato i brani con un richiamo a melodie passate, unendole però ad un sound molto attuale.
L' Ep, registrato al Biv Studio per poi essere mixato e masterizzato da Jacob Olsen al JBO Sound in Danimarca, contiene solo quattro tracce che bastano però per farsi un'idea di quello che sarà il futuro musicale della band. Si parte con The Dancefloor Assassins, che da il titolo all'Ep, nella quale una base elettropop si fonde con cori e falsetti mentre la batteria mantiene costante il suo ruolo di traino e le chitarre assumono sfumature “acide”. Segue The Way You Love Me. Introdotta dalle note di un piano, la canzone, ricorda alla lontana il sound dei Placebo e le aperture rock dei Muse. A Recipe For Broken Hearts vede anch'essa l'introduzione di un piano ma si avvicina, nel sound, più al rock, sebbene arricchito da sfumature elettro che richiamano le sonorità degli anni '80. Chiude Lonely, iniziale ballad che cede poi il posto a una ritmica più marcata mantenendo però la cupezza iniziale.
In definitiva, quello dei Blood In Venice, non è un sound particolarmente accattivante o dotato di sprazzi di originalità tali da renderli appetibili per il mercato musicale odierno. Anche a livello testuale manca quella peculiarità che potrebbe farli emergere dal magma dei nuovi gruppi che si affacciano sulla scena musicale. In conclusione, “The Dancefloor Assassin”, non è un lavoro che lascia il segno o l'ascoltatore curioso di sentire come potrebbe suonare un ipotetico album del gruppo.
Articolo del
08/05/2013 -
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