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Lactis Fever
Lactis Fever
2012
Peteran records
di
Daniele Bagnol
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Se in un disco di nove tracce, almeno tre/quattro ritornelli entrano facilmente in circolo nella tua testa nell'arco di un paio di ascolti, beh allora questo significa che una parte delle aspettative di una band sono state rispettate alla grande. Ed è questo il caso dei comaschi Lactis Fever, band con all'attivo un buon esordio del 2010 (“The Season We Met”) e che si ripresenta al grande pubblico per la temuta conferma. La matrice pop è evidente dall'impatto sonoro, che però non fa rima con semplicitá: immediatezza e solaritá segnano il tempo, la capacitá compositiva crea il giusto impianto scheletrico delle canzoni, mentre l'accuratezza degli arrangiamenti sonori e la pulizia di ogni traccia è un indizio non troppo celato della supervisione dell'onnipresente Matteo Cantaluppi (giá Canadians, The R's e Bugo). Passando alla sostanza, non riesco a togliermi dalla testa l'ombra imponente dei Glasvegas nelle sfumature meno grigie (il primo singolo estratto, The Sun is Shining, ma anche To Be Loved), tutta la matrice indie-rock americano con i Killers in prima fila (The Worst Thing You Ever Done e Shadows of Doubts), mentre tutti quei coretti “oh oh oh la la la” di Lesson: To Be Quiet rimandano ad un incrocio tra i primi Wombats e gli ultimi Vampire Weekend: insomma, la lezione dei propri maestri è stata studiata abbastanza bene. Il passo in avanti si sente, l'abilitá di tirare su radio-hit che strizzino l’occhio oltre i confini pure.
Articolo del
19/05/2013 -
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