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Non finisce mai di stupire la prolificità dei fratelli Campetti, da tempo rinomati musicisti del panorama indipendente nostrano, tanto poliedrici quanto abituati a mescolare in continuazione le carte e a rilanciarsi, spesso e volentieri, con nuovi ed interessantissimi progetti artistici. Prima il progetto Edwood, con tre ottimi dischi di matrice inglese pubblicati nel giro di sei anni (“Like A Movement”, “Punk Music During The Sleep” e “Godspeed”); poi l’intrigante avventura musicale targata Intercity. Ed ora una nuova band, il cui nome riprende in maniera un po’ ironica ed anglosassone il loro stesso cognome: Campetty. L’etichetta bresciana Orso Polare Dischi ha scelto di pubblicare in data 31 maggio il loro album d’esordio, ultimato ad appena un anno di distanza dal gioiellino “Yu-Hu”, secondo – e finora ultimo – capitolo discografico dei già citati Intercity.
Il primo album dei Campetty s’intitola ”La Raccolta Dei Singoli” e contiene dodici tracce nuove di zecca registrate in analogico a Milano presso il Jungle Sound Station (i missaggi sono stati effettuati presso il Bunker di Rubiera). L’uscita del disco è stata anticipata dal singolo di lancio The Muffa Forest, ottimo brano che già di per sé riesce a sintetizzare molto bene quelle che sono le sfumature principali dell’intera opera. Come già accaduto con i due lavori in studio degli Intercity, anche in questo caso Fabio e Michele Campetti decidono di esprimersi in italiano. E bisogna dire che tale decisione li ripaga in pieno. Sono di fatto le liriche, un po’ via della loro impronta intimista, un po’ per l’attitudine quasi naif, a convincere nettamente e a sposarsi benissimo con degli arrangiamenti sempre sopra le righe, o comunque mai sottotono. Pregevoli, come in passato e nei progetti precedenti, le atmosfere sonore create dal gruppo, in cui, oltre ai fratelli Campetti, figurano anche Paolo Mellory Comini al basso e Gian Nicola Maccarinelli Bonito alla batteria. Gli altri due ospiti sono l’ex Scisma Sara Mazo e il musicista Pietro Leali: la prima fornisce il proprio inconfondibile contributo vocale nei brani Mariposa Gru e Il Parco Dei Principi il secondo va ad impreziosire diverse tracce in scaletta con un strumento sempre affascinante quale il trombone.
A livello musicale sono ovviamente le chitarre a prevalere. Chitarre, sia chiaro, non soltanto elettriche: dato l’elevato numero di ballads raccolte ed ipnotiche (su tutte la già citata Mariposa Gru e A Nastro) non mancano infatti quelle acustiche, il più delle volte strapazzate con decisione. Il genere musicale complessivo risulta fortemente indie, a tratti più tendente allo shoegaze, a momenti virante invece sul minimalismo. Ne viene così fuori un disco equilibratissimo, a cui non sembra proprio mancare nulla dal momento che non solo è scritto assai bene, ma che è anche prodotto in maniera impeccabile. Si nota una raffinatezza di fondo molto coinvolgente e curiosa, se non altro visto l’efficacia dei pezzi e la strumentazione di base generalmente scarna. Un lavoro che non deluderà, questo è certo. Da scoprire quanto prima.
Articolo del
12/06/2013 -
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