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Un disco eclettico ma comunque molto omogeneo nelle diverse tracce, tutte accattivanti ed eseguite magistralmente. Tuttavia in alcuni passaggi risulta un po’ ridondante e debole nella parte cantata in inglese. Si parte con Dream On, che ci pone subito nella condizione mentale necessaria per come ascoltarlo; le chitarre, ed in chiusura del pezzo anche la voce calda, creano un’atmosfera che invoglia a farsi cullare dalla musica. Musica che in chiusura di questa prima traccia scorre sulla successiva, Fragile Present, che però cambia subito il ritmo rendendolo molto più sostenuto ed accattivante, chitarre in primo piano e cambio nell’utilizzo della voce, ora molto più graffiante ed acuta. Si prosegue con The Fisherman, canzone che inizia con una chitarra suonata in modo molto tranquillo e rilassante accompagnata dalla voce calda e da percussioni flebili, per poi aumentare il ritmo nel ritornello. Già a questo punto del disco si capisce che i The Incredulous Eyes sono ottimi musicisti che si esprimono con sonorità che ci riportano a sonorità tipiche di Jeff Buckley, dei Red Hot Chili Peppers e dei Metallica, che per quanto possano essere stili diametralmente opposti, in questo gruppo convivono tranquillamente. Anche Not Moving si apre a suon di chitarre che portano velocemente all’interno di un pezzo molto introspettivo, con la voce che fa da guida a quello che sembra un inseguirsi dei vari strumenti. Si passa quindi a Time Wheel, che si apre dolcemente per andare sempre in crescendo fino al ritornello, dove la voce molto vagamente ricorda Anthony Kiedis il frontman dei RHCP (nello specifico la parte in questione è: “Time is the wheel of my soul”).
Oddity è un pezzo interamente strumentale in cui il gruppo dimostra la propria bravura, sia nella composizione musicale che nell’esecuzione, anche se di contro questo risulta essere proprio uno di quei passaggi precedentemente definiti “ridondanti” perché la chitarra toglie compattezza all’insieme degli altri strumenti. Con Blinding Reaction, si percepiscono nuovamente le influenze dai Red Hot Chili Peppers, soprattutto perché, finalmente, anche il basso si fa spazio nella melodia assumendo quasi il ruolo da protagonista, inoltre l’inserimento del pianoforte si sposa molto bene con ritmo e melodia. Si passa poi ad un’apertura al jazz con I Saw My Hero che mantiene lo stile per tutto il pezzo giungendo ad un risultato molto interessante che dà proprio l’impressione di performance improvvisata. The Edge Of The Shore si apre con sonorità che ricordano l’andamento languido delle onde del mare e che continua così per oltre tre minuti, quasi come intermezzo che apre la parte finale dell’album. D-collapse Day, riprende il ritmo sostenuto accompagnata dalla voce graffiante che da l’ultima carica al loro lavoro. Cold Muddywaters si apre con una stupenda voce femminile con la musica sottotraccia, mentre la conclusione è affidata al reprise di Dream On, Still Dreaming, con l’aggiunta di sonorità che si sposano molto bene con l’accompagnamento del pianoforte, un ultima canzone vista come l’epilogo di un viaggio. Da segnalare anche la presenza di una ‘ghost track’, completamente strumentale e solo pianoforte. In conclusione un album accattivante e piacevole ma allo stesso tempo riflessivo. Suggerisco a chiunque fosse interessato a ”Here’s The Tempo di dedicargli almeno un ascolto attento ed impegnato perché se lo merita davvero, per lo meno come atto di riconoscenza nelle capacità dei musicisti. Le uniche vere lacune si possono imputare all’uso dell’inglese, principalmente perché preferisco gruppi italiani che cantano nella nostra lingua, quando la pronuncia non è per così dire ‘impeccabile’. Inoltre che per quanto si possa riconoscere la bravura di Danilo di Nicola alla chitarra, nel prossimo lavoro si spera in una maggiore presenza sostanziale anche di tutti gli altri strumenti, che non abbassa il livello dell’esecuzione, ma aiuta a bilanciare la convivenza delle melodie.
Articolo del
06/07/2013 -
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