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Leggendo la breve biografia dei By Good Hap non saltano agli occhi dati di grande rilievo: un'onesta band bresciana (precisamente di Lumezzane) nata nel 2006 ma completatasi nel 2008 con l'arrivo del chitarrista Stefano Giacomelli (in aggiunta agli originari Dario Martinelli, Mario Capponi e Roberto Fogli, rispettivamente voce/chitarra, basso e batteria); una demo ed un primo Ep (“Lickin' Horses, Great Expectations & Terrified Socks”) alle spalle, nessun picco verso l'alto in una carriera fatta per il momento solo di tanta gavetta. Sarà che suonano un genere non propriamente consono ad un certo tipo di gioventù italica (aggiungerei un tipo molto - troppo - diffuso), ma di certo le potenzialità potrebbero far aspirare a ben altre soddisfazioni. Almeno questo è ciò che si evince dall'Ep in questione. “Miles Gone, Miles to Come”, come dire che, pur essendo in giro da qualche anno, il futuro è ancora pieno di chilometri da percorrere, con tutte le speranze, di successo o anche solo di appagante svago, intatte e vigorose più che mai. Cinque brani compongono questo Ep gradevole e scorrevole, cinque ottime prove di quanto la lezione di hardcore punk proveniente dai territori anglosassoni sia giunta nella sua chiave melodica (leggasi Rise Against) anche da noi, venendo assimilata pregevolmente, quantomeno da questi 4 ragazzi bresciani.
La partenza è un immediato sunto di ciò che si troverà all'interno del disco: Fingers trascina in un incalzante vortice sonoro, una furia musicale che non eccede nei toni. La stessa furia si ritrova, con minore appeal, anche nella seguente Thirsty for Gold, un leggero passo indietro nella qualità, ma comunque più che godibile. Rimane su questa scia People Going Nowhere, altro brano melodic punk lungi dall'innovare, eppur originale a suo modo, con un lavoro chitarristico di buon pregio. Sono i due brani di chiusura però che attestano realmente l'Ep su un livello che trascende il più che buono: The Last One rallenta leggermente il ritmo forsennato (ma non troppo, in realtà) delle precedenti tracce, aperta da un'intro di chitarra efficace e preziosa, e arricchita da un corposo lavoro del batterista Fogli, che fa valere le sue qualità di velocità e precisione con un groove di grande effetto; e, ultima ma non ultima, The Best Thing That Could Happen to Me, probabilmente la traccia più 'leggera' dell'album, ma anche quella in cui la melodia riesce a catturare maggiormente l'ascoltatore, risultando abbordabile non solo per gli amanti del genere.
Bisogna dire che in generale, se si vuole sottolineare una caratteristica veramente decisiva per il gradimento dell'album, è proprio questa ricerca della melodia che prende spesso il sopravvento sul lato aggressivo del genere, rendendo ogni traccia di facile fruizione, e in qualche modo più accattivante. Non sono invece riscontrabili particolari difetti, o quantomeno non ve ne sono di così in vista. Se vogliamo le cinque tracce non si discostano in maniera così evidente l'una dall'altra, e forse se ve ne fossero state altre il risultato avrebbe generato sensazioni di monotonia e fastidio. Ma aggiungerei che l'eccessiva ripetitività è peculiarità tipica del punk hardcore, e dunque non si potrebbe nemmeno imputar loro questa colpa. Ad ogni modo giudizio finale è più che positivo: i By Good Hap hanno una buona dose di talento da coltivare e adempiere a ciò hanno imboccato un'ottima strada. Forse si potrebbe aggiungere un tocco di 'italianità' per rendere il prodotto ancor più personale. Ma tutto sommato anche questa formula U.S.A. funziona bene, dunque cambiar qualcosa potrebbe risultare un azzardo... insomma, non resta che attendere test ulteriori di maggior impegno, augurando nel frattempo alla band di poter presto aggiungere alla propria carriera quel sospirato e soddisfacente picco verso l'alto.
Articolo del
24/07/2013 -
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