El Santo Il Topo Che Stava Nel Mio Muro 2013 Audioglobe di Fernando Rennis

Messo il primo pezzo dell'album di El Santo mi sembra di aver sbagliato e aver messo su un disco degli Afterhours, il falsetto di Garage infatti sembra cantato da Manuel Agnelli. Lo shock dura poco, anche se il mood del pezzo riprende molto la psichedelia de “I Milanesi Ammazzano il Sabato”. Il passaggio al secondo pezzo mi lascia ancora più allibito, ancora una volta mi sembra di aver messo un disco della band milanese, la strofa di Marabù mi riporta all'orecchio La Verità che Ricordavo. Finalmente vengo smentito al terzo brano, L'Arte del Veleno è un delicato valzer dal sapore vintage ma poi il fantasma di Manuel torna nel quarto in Silver Dollar Club.
Sarebbe inutile continuare, basta mettersi l'anima in pace e convenire che sicuramente gli Afterhours sono una matrice comune dalla quale El Santo attinge, ciò non vuol dire che ci troviamo di fronte ad una cover band ma semplicemente che per il pubblico attento ad un certo tipo di sonorità sarà molto commestibile questo album.
La miscela tra rock e ballata cruda viene riproposta in maniera piuttosto funzionale, i testi non sono particolarmente originali ma nel complesso il lavoro della band è sicuramente un ottimo risultato di suoni e arrangiamenti.
Il tempo serve a limare qualche indecisione o a spezzare i legami dal passato, in questo caso sarebbe un ottimo stimolo per non far ricadere il proprio sound su riferimenti troppo netti. El Santo è un progetto interessante, lo sarebbe ancora di più se spingesse più l'acceleratore sull'innovazione.
Un plauso invece va sicuramente alla vena sperimentale che scorre lungo tutto l'album, un'onda che raggiunge buoni risultati quando incontra la psichedelia e si allontana dai cliché alternativi. L'attesa aumenta il desiderio e allora, ‘murato il topo’, ci appoggiamo al muro ad aspettare il prossimo lavoro in odor di santità.
Articolo del  05/08/2013 -  ©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati