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The Crazy Crazy World Of Mr. Rubik
Urna Elettorale ( The crazy crazy crisi)
2013
Locomotiv Records
di
Antonella Castaldi
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Ci risiamo! L’abbiamo già detto con i Gattamolesta e lo ripetiamo adesso: ecco un’altra band italiana che vorrebbe proporre per l’ennesima volta tematiche sociali legate all’economia e all’andamento dei mercati (“da un po’ più non c’è un euro dinamico (…) contiene ed uccide lo spread puro eco mediatico”), alla decadenza della politica e dei costumi (“fai un cazzo di sorriso mio tesoriere che hai divorato tutto il nostro avere”), alla difficile costruzione di un vero progresso umano (“ma l’homo sapiens si è involuto, si è scisso”). Insomma, davvero basta, non se ne può più! Non si chiedono album mielosi e zuccherini, ma nemmeno brani che si limitano a fotografare nei testi una desolante valle di lacrime! Il presente già lo conosciamo tutti fin troppo bene essendo bombardati ogni giorno dai media con notizie non certo piacevoli. Sarebbe anche ora di smetterla di piangere sui nostri guai e di rimboccarci un po’ le maniche… In ogni caso ho adoperato appositamente all’inizio il condizionale “vorrebbe proporre” perché nei fatti dai testi non emerge poi tutta questa profondità di analisi, né alcuna ricercatezza nell’uso delle parole che spesso sembrano essere accorpate qua e là solo per dare forma alla rima.
L’obiettivo forse era quello di trattare con leggerezza il tema del disagio sociale, ma qui è stata davvero troppa, tanto da scadere nella banalità e nella superficialità con alti picchi di inconsistenza. I testi finiscono per mancare di spessore e in certi casi sembrano assolutamente privi di contenuto. Che altro aggiungere di questa “pazza-pazza” band bolognese (il nome la dice lunga!) che si dice abbia calcato numerosi palchi in Italia e che ha fatto di un cassonetto della spazzatura l’icona di copertina del suo secondo album? Beh, almeno una piccola lancia in suo favore la possiamo spezzare: le sonorità compensano abbastanza il pressapochismo dei testi fondendo il rock con l’elettronica e aggiungendo qua e là spruzzatine di ritmi tribali, eco primordiali, versi animaleschi e suoni distorti che danno vitalità ad un lavoro che, diversamente, risulterebbe alquanto opaco se non fosse per Sebele, unico vero gioiellino dell’album ( testimonianza ne è la sua collocazione ad apertura). Morale della storia: mai far sfoggio di intellettualismo (anticonformista) se non si possiedono le armi!
Articolo del
25/08/2013 -
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