|
Provengono da Cosenza i furenti Ogun Ferraille, terzetto composto nel 2006 da Mauro Nigro (chitarre, voce), Marco Filice (batteria), Stefano Greco (basso, voce). Il che è già di per sé motivo d'interesse, dal momento che è tendenzialmente più raro ascoltare produzioni di complessi meridionali, per una ragione o per un'altra...ma non è questa la sede per discuterne. Sbirciando nella biografia dell'ancor giovane trio è rilevante notare come la propugnata e millantata propensione al live (tra l'altro tipica di gran parte delle band underground), sia in realtà confermata dagli ottimi risultati conseguiti in diversi festival rock del Sud Italia o in generale della penisola. Si aggiunga a quest'ottima base di esperienze dal vivo anche la presenza in studio di due registrazioni, un primo ep datato 2007, ed una seconda pubblicazione nel 2009, apprezzata da critica e fan. È dunque su un principio di carriera alquanto stabile e solido che si situa l'uscita di questo nuovo full length dal titolo aspro e pungente: “My Stalker Doesn't Love Me”. Indubitabile. Si tratta di un prodotto piuttosto originale, in cui le idee chiare degli OF vengono esplicitate in due sezioni distinte composte ciascuna da tre tracce, cui si aggiunge una settima traccia che funge da pausa di riflessione concessa all'ascoltatore, piacevole intermezzo tra le due sezioni dell'album. Acredine e furia controllata sono gli ingredienti principali dell'intero disco. Esemplificativa risulta in tal proposito già la copertina di Gino Dazzi: un atroce strangolamento all'interno di un'opprimente cabina telefonica, reso meno cruento dalla grafica fumettistica, ma più misterioso ed angosciante dalla parziale copertura del volto dell'assassino, illuminato dall'artificiale luce della cabina quel tanto che basta a mostrare un ghigno sadico ma lucido.
Musicalmente gli OF mostrano discrete capacità compositive e strumentali. È ben più originale e coraggiosa la sezione uno del disco, aperta dal riff cadenzato e martellante di Barney's Version, seguita dalla monotematica e un po' monotona Candiru e dalla più che discreta e vivace (freeing you from) Heaviness of Choice. Probabilmente la sezione più genuina, oltre che più puramente adirata dell'album, ma sostanzialmente anche quella che meno appare apprezzabile, forse per una confusione di fondo piuttosto fastidiosa, forse per una mancanza di pulizia ed una sovrapposizione di sensazioni convulsa e fin troppo roboante. Fatto sta che la pausa di Interrupted Speech arriva al momento giusto per cullare con la sua lenta armonia l'ascoltatore, perso e sovraccaricato dall'energia virulenta più che violenta della sezione uno, verso un orizzonte sonoro più costruito e leggero del precedente. Si perde in originalità, con l'entrata in gioco di un impianto strofa-ritornello più regolare, ma si guadagna in orecchiabilità. La parte due si apre con la penitenziale Act of Sorrow, che introduce un sentimento di melanconia soverchiante anche la seguente Peter, ossessiva nel dialogo/monologo del testo quanto nell'andamento saltellante delle strofe e nel prolungato finale strumentale. Chiude sezione e album la semiballata Sleeping With My Ghost, in cui accenni di acredine provenienti dalla prima parte, sono ormai sedati e immersi in una desolante accettazione della debolezza del genere umano. Risulta dunque più che apprezzabile questo nuovo lavoro degli OF, che hanno saputo limare evidentemente le lacune delle precedenti fatiche in studio, e mostrare una maggior maturità, anche nella scelta di puntare su una diversa semplicità, senza però spersonalizzarsi, e senza rinunciare alla propria carica eversiva ed alla capacità (o meglio volontà) di analisi riguardo le cose della vita. La band presenta “My Stalker Doesn't Love Me” come un 'unico, breve, graffiante discorso'; il recensore si augura non rimanga unico.
Articolo del
18/09/2013 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|