|
La cosiddetta scena indie italiana è un un insieme di artisti non ben qualificabili da un punto di vista musicale, e neppure l’omologazione dovuta all’appartenere a un’etichetta indipendente è poi così scontata, quindi ogni volta è come scartare un regalo non sapendo bene cosa si potrebbe avere tra le mani. ”Cartoline” dei giovanissimi Fiori di Cadillac è esattamente questo, un regalo da scartare, scoprire e assaporare un po’ per volta. Trattandosi di musica italiana trattengo sempre un po’ il respiro aspettando l’entrata in scena della voce, strumento tanto spesso sottovalutato o dato per scontato,che nella maggioranza dei casi riesce a rovinare cose altrimenti degne di nota, o per lo meno di un vago interesse. La seconda trappola è quella delle liriche, che spesso risultano essere basate su concetti tanto affascinanti quanto e insensati e vuoti, per non dire grammaticalmente “fantasiosi”. Premesso questo, i Fiori di Cadillac non hanno assolutamente nessuno di questi due problemi, ma anzi sono sorprendentemente lucidi e sintetici dal punto di vista delle liriche e le melodie vocali inutile dirlo sono impeccabili. “Cartoline” mescola cantautorato e la miglior tradizione indie rock, è come parlare di Verdena meno monotoni, di Afterhours piu’ cantautorali; nella voce di Luigi Salvio c’è un che di di quel Niccolo Fabi che cantava “Qualcosa di Meglio”.
Ma c’è qualcosa di più, o qualcosa di meglio per riprendere il discorso: i pezzi che compongono questo lavoro d’esordio sembrano essere quella voce lucida e affilata che ti parla dentro la testa alla quale non puoi fare a meno di dare ragione o, per lo meno, ascolto. Quella che descrive il mondo nel suo grigiore senza mezze misure, mantenendo sempre una prospettiva distaccata, obbiettiva, impersonale, sopra le parti, come quando passato un primo momento di crisi, si smette di sentire il dolore e subentra una tranquilla razionalità. Si parla di amore ma non si percepisce né passione né rimpianto; i sogni sono solo illusioni e la quotidianità è solo monotona ripetizione. Non c’è malinconia, solo forse una velata rabbia che però si stempera nel fatto che una via d’uscita non c’è, o per lo meno non c’è più. A lasciare a bocca aperta è la loro maturità, sia a livello di testi, ma soprattuttolo a livello musicale: non c’è nulla di banale, nulla di scontato, nulla fuori posto, niente si ripete e niente è di troppo, c’è lo stretto necessario, c’è un album d’esordio che fa ben sperare e sicuramente metterà in ombra sin dal primo ascolto tante altre realtà anche più radicate, che non possono reggere assolutamente il confronto, se non all’interno di un mercato caotico di mode e “spinte” come quello indie italiano.
Articolo del
25/09/2013 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|