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«Avevo voglia di mescolare le stesse varie influenze e approcci tecnici del precedente album, lo stesso amore per l’elettronica e la stessa tensione filmica, ma con maggiore “misura”. In ”Imperfetta Solitudine” c’è un filo conduttore di tipo narrativo, uno stratagemma a livello compositivo che parte dal proposito di fondere esperienze musicali diverse, senza confonderle». Non poteva utilizzare parole più chiare Salvo Lazzara per introdurre e presentare alla stampa il quarto disco in studio confezionato dal progetto Pensiero Nomade, complesso musicale da lui fondato circa sette anni fa. Parliamoci chiaro: senza girarci troppo intorno, “Imperfetta Solitudine” è un disco favoloso, un disco pensato, composto e prodotto con maestria, carico di atmosfere suggestive di stampo etnico ibridate con allusioni al jazz e incursioni elettroniche mai del tutto invadenti. Al suo interno convivono tante anime, tante particolari scelte sonore che, essendo state assemblate con gusto e saggezza, sono poi riuscite a dar vita a dei componimenti sublimi, strutturati con sapienza e discrezione. Tutto è giocato in sostanza sull’egregio lavoro fatto sia dalle chitarre, suonate da Lazzara, sia dai fiati, nello specifico tromba e flicorno, le cui parti sono state interamente curate dal polistrumentista Luca Pietropaoli, all’occorrenza abilissimo nel destreggiarsi con il contrabbasso, con il pianoforte e con l’elettronica. Importantissimo, inoltre, il contributo artistico di Davide Guidoni, terzo componente della band, il quale è andato ad impreziosire e a riempire di colori gli undici pezzi in scaletta percuotendo con eleganza e sensibilità tanto la batteria quanto le percussioni.
Registrato fra il gennaio del 2011 e il marzo del 2013, “Imperfetta Solitudine” risulta essere con molta probabilità il lavoro più intimista, più minimale, realizzato finora dai Pensiero Nomade (ad esempio la differenza con il precedente “Materia E Memoria” è tangibile). Ciò risiede forse nel fatto che in quest’occasione Lazzara abbia fatto praticamente a meno delle chitarre elettriche per comporre ed incidere. Basando perciò il tutto sulle chitarre acustiche è venuto fuori un lavoro più delicato ed introspettivo, caratterizzato da un grande equilibrio di fondo. Inutile a questo punto mettersi a descrivere traccia per traccia “Imperfetta Solitudine”. D’altronde la grande coerenza che lo avvolge rende tutto così omogeneo che ogni appunto su un singolo componimento risulterebbe semplicemente superfluo. Più giusto ed opportuno invece lodarne la concretezza e la raffinatezza. È un disco che non stanca e l’ideale è ascoltarlo chiaramente in situazioni di quiete per assaporarne al meglio le sfumature e i rimandi. Probabilmente ad alcune persone risulterà poco moderno ed innovativo, ma questo è un altro discorso. L’intento principale di una band come i Pensiero Nomade è quello di assecondare i propri istinti, senza porsi il problema di stare al passo con i tempi o di essere estemporanei. Questo è ciò che perlomeno si evince contemplando con attenzione “Imperfetta Solitudine”, disco strumentale che denota nella sola Sensitive (penultimo pezzo in scaletta) la presenza di una voce, quella calda e suadente di Clarissa Botsford. Preparatevi dunque a cinquantadue minuti di profonda ed ammaliante poesia sonora.
Articolo del
11/10/2013 -
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