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So It Goes
Speakeasy
2013
CD autoprodotto
di
Alessandro Basile
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”Speakeasy” può essere considerato a tutti gli effetti il primo vero lavoro discografico targato So It Goes, quartetto (pop) rock proveniente da Roma che vede Paolo Valenzi e Luciano Zirilli alle chitarre e alle voci, Pablo Maravi al basso e Federico Vitale alla batteria. Composto da otto tracce inedite, “Speakeasy” è stato prodotto dalla band stessa assieme ad Andrea Coclite, il quale ha pure curato le registrazioni dei pezzi che, eccezion fatta per Dance In The Colours e Somethin’ Good In Your Heart, sono stati incisi presso lo studio capitolino 27B. Il disco, che la band non considera tanto un album quanto piuttosto un Ep, lascia ampiamente intendere fin dalle battute iniziali dell’opening-track We’ve Gone Too Far quella che è la sua matrice: un rock poco roboante e non troppo sofisticato dai rimandi vagamente garage, in cui è pressoché palese quella particolare impronta brit, o post-punk revival, o indie (fate voi...) che intorno all’inizio del nuovo millennio ha finito col prendere il sopravvento in Europa e Oltreoceano facendo la fortuna di progetti certamente non sensazionali eppure pragmatici come Bloc Party e compagnia bella. Detto ciò, “Speakeasy” è tutto un susseguirsi di pennate rabbiose e velocissime in stile Strokes, di progressioni chitarristiche oneste e non eccessivamente effettate, di incisi canticchiabili e poco altro. Per quel che concerne gli arrangiamenti, si punta invece a non perdere mai di vista il taglio elettrico. Sia chiara una cosa: non è che il disco sia malvagio. Del resto le canzoni sono suonate molto bene e con il giusto approccio. Il problema è che proprio il genere in sé non riesce a convincere in pieno e a lasciare il segno. Le soluzioni, così come le strutture, sono grosso modo sempre le stesse. Tutto è già sentito e risentito. Ed anche il sound non appare poi così raffinato, tantomeno esplosivo, sontuoso o addirittura graffiante. Ma d’altronde questo i So It Goes lo sanno benissimo e, come è anche giusto che sia, non stanno lì a porsi eccessivi dubbi sulla qualità del loro marchio di fabbrica. Per loro quello che conta è tirare su dei brani in grado di farli divertire risuonandoli sia in saletta che sul palco di un locale. Insomma, il disco suona bene. Le canzoni ci stanno. Lo spirito pure (e non a caso l’esecuzione può essere ritenuta assolutamente discreta). Tuttavia a livello di originalità e di innovazione Speakeasy ha ben poco da dire. Conclusioni: chi non nasconde di avere un debole per il genere non impiegherà troppo tempo per apprezzare il lavoro fatto in studio dal gruppo; chi invece non stravede già in partenza per un’estetica musicale di questo tipo può tranquillamente sorvolare: difficilmente rimarrà colpito. Questo è quanto.
Articolo del
24/12/2013 -
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