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Il nome dice tutto: Full Metal Racket. E ti torna in mente il capolavoro kubrickiano, con tutte le sue sfumature, la sagacia, la perizia di un maestro che sorprende in ogni dettaglio. Ma ti accorgi che è un accostamento piuttosto azzardato, mentale, senza appigli nella realtà. Il duo siciliano, composto da Max Leteaux e Marc De Dieux (al basso il primo, alla chitarra il secondo) non vanta particolare maestria, e il loro lavoro non si compone di dettagli stupefacenti, non mostra sagacia né sfumature di rilievo. È genialità di altro livello. Anche il titolo dice tutto: “Messina Bridgequake”. Il terremoto di un Ponte che non è. E probabilmente mai sarà. Un'enorme opera pubblica di cui rimane un'ora e un dieci di musica (?), con la m minuscola. Traccia unica, registrata oltre due anni fa (il 26 giugno 2011) utilizzando un singolo amplificatore a due canali per entrambi gli strumenti. Strumenti che non sono più loro stessi, vengono presi, catturati, torturati fino a confessare che, sì, riescono ad esprimersi in rumore. Traccia unica, ma divisa in 14 parti, senza un criterio particolare. E grazie a questa divisione, con tanto di titoli, si possono ricercare i momenti di maggiore ricerca melodica, accumulati in linea di massima nella parte centrale dell'album, a partire da I Feel Dance With You, Do You Feel Too? Good Vibrations, punto non più alto, ma più musicale del disco. Per il resto i titoli riescono a dare una connotazione emotiva differente all'ascolto, aggiungendo all'esperienza uditiva una variazione cerebrale. A dire tutto, veramente tutto, è però la presentazione. Il recensore ammette che non dovrebbe essere materia da recensire, e se ne scusa. Ma il vero capolavoro dei Full Metal Racket è tra quelle righe. Un mix di ironia ed autocritica vagamente Nerd, incentrata giocosamente sia prodotto che sulla loro essenza di artisti. Basti un frammento per darne un'idea: «Percepibile all'orecchio umano come il suono dell'impatto di due moto rosa shocking provenienti da due fumetti diversi, su un ponte di metallo pesante che non esiste, all'alba della cyborg repubblica n.1, o visibile ad occhio nudo come il crollo della colonna sonora di Easy Rider». Geniale. Incomprensibile. Disco vivamente sconsigliato ai non amanti del noise o a chi il noise lo prende sul serio.
Articolo del
09/01/2014 -
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