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Album di debutto quello degli Un-reason, band ligure formata da Elio Isaia (voce e chitarre), Giorgio Bormida (basso, chitarre e piano), Jon Griffin (chitarre), Jan Maio (tastiere) e Lorenzo Bartolini (batteria). Fin da subito si percepisce una naturale sincronia tra gli elementi del gruppo e, senza alcuna fatica, ci si lascia travolgere (e convincere) dall’incredibile unicità dei pezzi. Dapprima accovacciati nell’angolo più buio della musica, stretti tra l’industrial e il post-rock (A Place of Truth, Run Back), infatti, i brani si rivelano pian piano nella loro essenza più profonda, creata dalla danza sferzante, irrimediabilmente nevrotica delle incursioni hard-rock/metal (Blinks, Too Deep) e trascinata dalla voce carismatica di Elio Isaia. La scenografia del disco è attraversata da repentini giochi di synth, racchiusi tra percezioni orchestrali (Twisted Metal), accelerazioni violente e distorte, ballate inquietanti e laconici momenti di quiete. Reminiscenze? Senza dubbio la grinta della band di Reznor - non a caso ha collaborato al disco Martin Atkins (Public Image Ldt., Killing Joke e, per l’appunto, NIN) -, la dissonanza tipica dei Tool, ma anche stralci di Radiohead e Depeche Mode. Undici brani graffianti, ben costruiti, per un debutto oscuro, pessimista e magnetico che, senza alcun dubbio, trasuda talento e fa ben sperare per il futuro di questa band.
Articolo del
03/02/2014 -
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