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Gli ArtemiXia Cor sono un ancor giovane trio siciliano composto dai fratelli Di Giorgi (Giuseppe e Valerio, rispettivamente chitarra e batteria) e dal poliedrico cantante Antony Mannone. Formatisi ufficialmente nel 2012, in seguito alla dipartita del bassista, pur cercandone un sostituto, hanno deciso di intraprendere la propria carriera con questa formazione a tre, sforzandosi di colmare il vuoto adattando le sonorità delle chitarre e variando leggermente la propria impronta musicale. Forti di un amalgama sonora ben presto robusta e convincente, già l'anno scorso sono riusciti a dare alla luce un primo full length dal tronfio titolo “As God Intended”. Otto tracce compongono questo debutto dalle idee buone, ma forse non del tutto chiare. Il gruppo sembra infatti immettere nel proprio lavoro molte delle influenze ricevute in anni e anni di plurimi ascolti, con predilezione per le sonorità anni '70 e per quelle anni '90. Soprattutto queste ultime sono ben rintracciabili all'interno di quest'opera prima, specialmente in quei brani dall'andamento meno virulento, quali Eloquence of Silence, Riding This Wave o Make a Wish. Ad aprir le danze troviamo This Song for You, un pezzo di grande impatto ed aggressività fin dai primi secondi, portato avanti da un cantato graffiato e al limite dello scream e da un groove vicino allo sludge dei Down. È evidente fin da subito il debito che Mannone ha verso il caro Phil Anselmo. Nella successiva Cores, difatti, potrebbe sembrare di essersi tuffati nell'ascolto di qualche demo primordiale ed inedita dei Pantera anni '90 (ovviamente senza la tipica, ed inimitabile, impronta-Dimebag). Non si tratta di un brano indimenticabile, ma risulta più coinvolgente sia della precedente che della finale A Chip on My Shoulder, per certi versi accostabile ai primi due pezzi, ma più stantia ed inefficace. La già citata Eloquence of Silence apre una pagina completamente diversa del disco: i riff di chitarra lasciano spazio ad intro acustiche, per poi riassumere il proprio ruolo con minore energia, cadenzati e melanconici.
L'approdo a tale grunge à la Soundgarden ci presenta un Mannone vocalmente ancora diverso, con un timbro profondo, sempre poco pulito, ma essenziale nel trasportare l'ascoltatore nel marasma delle sensazioni alla base di tale brano. Riding This Wave prosegue tale viaggio grunge, assumendo però una predisposizione melodica più evidente, di cui beneficia non solo la prestazione (forse la migliore del disco) di Mannone, ma anche l'assolo di Giuseppe Di Giorgi. The Veteran Deathbed ci dimostra la buona tecnica dietro le pelli di Valerio, ma sostanzialmente ha poco da fornire alla qualità del disco. La seguente The End of Line, invece, prova a mescolare le due anime di base del disco, proponendo un'introduzione cupa e quasi lugubre, smorzata nella strofa dal ritorno di quelle apatiche atmosfere anni '90 che repentinamente sfociano in una nuova cavalcata alternative metal. Di per sé le idee alla base di tale traccia sono egregie, ma la realizzazione non è adeguata, e il risultato finale è piuttosto caotico. Make a Wish è, paradossalmente, meno interessante, molto lineare nella sua crescita progressiva, ma ben eseguita e dunque piacevole nella sua interezza.
In sostanza, gli ArtemiXia Cor fanno intuire di avere un potenziale più che discreto. Sarebbero però da rivedere alcune scelte, sia sonore che di genere. Il connubio tra tipologie di rock tanto diverse è di difficile realizzazione, e avrebbe bisogno di maggior tempo per poter essere sviluppato al meglio. Inoltre, gettarsi nella mischia senza il basso alla lunga potrebbe non pagare: in alcuni passaggi del disco l'assenza risulta troppo ingombrante per poter soprassedere. Attenderemo i futuri sviluppi del progetto in questione con curiosità, sperando possa ben presto realizzarsi un utile ampliamento della line-up!
Articolo del
03/06/2014 -
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