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Una delle poche certezze della vita è sempre stata che Shakespeare era inglese. E invece pare che alcuni studi recenti abbiano avanzato la teoria che vorrebbe il più grande drammaturgo di tutti i tempi natìo non della terra di Albione ma, udite udite, di Messina. Chi l’avrebbe mai detto. Che c’entra Shakespeare ? C’entra perché è da lui che vogliamo partire per parlare di Massimiliano Raffa, in arte Johann Sebastian Punk, giovane (anti-) cantautore italiano che, se fosse confermata la teoria succitata, di Shakespeare sarebbe concittadino. Oltre che epigono in musica, dal momento che il suo esordio sulla lunga distanza prende il titolo da un famoso sonetto dello stesso autore di Amleto e dal momento che, come quest’ultimo, ha dichiarato pure lui guerra alla bruttezza. Ma c’è di più, perché oltre al titolo del primo lavoro, anche il nome di battaglia è un richiamo palese ad un altro grande artista del passato, vale a dire Bach, l’ottocentesco compositore che definiva l’opera come ‘canzonette’ e da cui il Nostro ha mutuato i due terzi del nome. E come Bach, anche JSP si propone di scarnificare la musica dalle fondamenta portando avanti i suoi minacciosi piani di rivoluzione che segneranno la morte dei generi musicali. Perché JSP è un saltimbanco, un dandy che all’estetica imperante contrappone sfarzo, artificio, spirito dionisiaco, in sprezzo di ogni canone, di ogni grigio e sordido provincialismo, ma anche della ricerca del consenso a tutti i costi. Un eroe decadente del quale si deve la scoperta ad Enrico Ruggeri, che lo ha voluto sul palco del MEI di Faenza per festeggiare i suoi trent’anni di carriera. ”More Lovely and More Temperate” è un disco dagli altissimi picchi emozionali ma anche un’enorme presa in giro dell’arte contemporanea, o almeno di ciò che è diventata. Un disco volutamente e fieramente arrogante, folle, puro nella sua impurità. Dentro c’è di tutto: Bowie, shoegaze, indie-rock, baroque-pop, surf-punk californiano; ma anche archi, clavicembali, sintetizzatori, ritornelli orecchiabili e tempeste (r)umoristiche. Il tutto approcciato con piglio sardonico ed autoironico che farebbe a cazzotti coi toni melodrammatici qua e là assunti da questo lavoro se non fosse che tutto è calibrato alla perfezione reggendosi in equilibrio come per magia.
I testi sono in inglese, un inglese artefatto, parodistico, sgrammaticato, distante dalla perfezione, con in più un accento particolare che mescola le inflessioni tipiche del West Midlands del XVI Secolo con alcuni tratti fonetici del siciliano nordorientale. E le parole sono usate come spade da questo nuovo genietto del pop appena venticinquenne che ricorda da vicino Patrick Wolf e Get Well Soon e che parla di amore, morte, ricerca della felicità, fragilità e pulsioni umane dettate dall’istinto. In “More Lovely and More Temperate” vanno a braccetto tristezza e ironia, beffa e disincantato, edonismo e nostalgia. Perchè JSP è un degenerato a cui piace giocare con l’ascoltatore, un falsario, un sofisticatore. Ma se ad essere sofisticata è la mediocrità, allora presto celebreremo finalmente la rinascita della bellezza.
Articolo del
10/06/2014 -
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