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In molti sappiamo che c'è musica da ascoltare con le orecchie e musica da ascoltare semplicemente con l'immaginazione, ed è spesso quella più bella, quella che riesce a far viaggiare la mente in scenari ed orizzonti che la stessa ci impone, al di la delle nostre impotenti volontà. Certa musica riesce a darci sensazioni pacifiche, altra è capace di trasmettere inquietudine ed angoscia. Lasciando da parte la psichedelica che è regina in questo, arte vera e propria invece - a parte i gusti personali - diventa quella del mischiare più generi di per se alle origini più ingenui e dolci che, insieme, riescono a far emergere i loro lati oscuri. ”Elec3cities” probabilmente é proprio questo quello che vuole dimostrarci, ovvero che anche il jazz, genere musicale senza dubbio più elegante, si può tranquillamente vestire di nero ed assieme ad un pizzico di elettronica, divenire molto più accattivante e descrittivo, tetro quanto sensuale, prepotente quanto dolce. É un progetto sofisticato quanto particolare quello elaborato dal trio Chat Noir, nato come gruppo prevalentemente jazz di Michele Cavallari (pianoforte), Luca Fognagnolo (contrabbasso) e Giuliano Ferrari (batteria), che qui si registra come loro quinto lavoro. La sperimentazione é sempre stata il cuore della loro professionalità e produzione, il silenzio verbale l'impronta prevalente. É la musica quella a gridare, a parlare, ad esprimersi. Questa volta però vuole dire più di altre e il modo migliore per sperimentare ancora di più si scopre è quello di vivere in tre città diverse, Boston, Roma e Berlino (da qui il titolo dell'album). Città completamente diverse, influenze diverse, ritmi diversi, atmosfere diverse. Nessuno dei tre compositori sa cosa sta escogitando l'altro, si lasciano andare, a ciò che li circonda, alle sensazioni ed ecco che l'improvvisazione si impossessa ancora di loro, questa volta soli, ognuno col proprio mescolare e fluttuare. Open track, Avant Buddha, senza dubbio la più scura e cupa di tutto l'album, apre immediatamente con percussioni cavalcanti che si fanno sempre più forti, arabeggianti sin da subito saranno le uniche ad essere accompagnate da voce. Basta pochissimo ed ecco che quella atmosfera rossa, sabbiosa si incontra con un pizzico di elettronica per sei minuti abbondanti, che sembra poi essere rievocata da Ninth. C'è di base un jazz, un piano dolce che cerca di mantenersi predominante invece in Chelsea High Line, ma un basso e una batteria gli daranno quel senso scorrevole di uno scenario urbano notturno da cinematografia, possedendolo .... cercherà di dimenarsi ma arriverà estenuato in Pearls che, come un sogno scandito dai tasti più alti della sua tastiera, ci fa intuire che “Ele3cities” forse vorrebbe essere un concept album e Our Heart Have Been Bombed seguita dalla finale Peaceful concretizzano l'idea. Ma con mire sicuramente cinematografiche, “Elec3cities”, al di lá dell'essere estraneo a qualsiasi genere e totalmente anarchico in questo, ci fa capire che quando la musica, le menti, le atmosfere, ciò che ci circonda, si mescolano non conoscendosi, si viene posseduti proprio come la trama di un thriller avvincente quanto imprevedibile per il quale otto brani di pura descrizione, gioco e alchimia musicale, si presterebbero benissimo. “Elec3cities”, non ha una religione, non ha uno schema, non ha un percorso, ha solo degli occhi chiusi e tre anime portate via.
Articolo del
11/06/2014 -
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